Un’indagine di Altroconsumo evidenzia il grave problema delle lunghe attese, di visite ed esami rinviati a date impossibili, di ricoveri bloccati e strutture scomode e distanti. Lo sanno bene i farmacisti impegnati a offrire il servizio Cup, spesso testimoni del dramma legato alla povertà sanitaria
I farmacisti impegnati a fornire al cittadino il servizio del Centro unico di prenotazione regionale (Cup) sanno bene quanto questa attività sia laboriosa, spesso frustante, e non soltanto per le lunghe attese dovute ai numeri sempre occupati, o per la linea che spesso cade, ma anche perché non è né semplice, né facile poter poi fornire al paziente risposte rapide e soddisfacenti. Le liste d’attesa del Servizio sanitario nazionale, infatti, nonostante i maggiori presunti finanziamenti e impegni del Governo continuano ad allungarsi e così le agende di prenotazione rinviano a date inaccettabili, se non risultano addirittura bloccate (anche se la legge lo vieta).
Ce ne dà riscontro un’indagine di Altroconsumo, che ha intervistato 1.100 cittadini, rilevando come 9 intervistati su 10 dichiarano di aver avuto difficoltà a prenotare una visita o un esame nel corso dell’ultimo anno, dovendo così, nella metà dei casi, rivolgersi alle strutture private e pagare di tasca propria una prestazione che il Ssn dovrebbe invece garantire gratuita. Ma quali sono i problemi maggiormente riscontrati dai cittadini? Per 2/3 degli intervistati risultano soprattutto le attese troppo lunghe, ben al di là delle urgenze indicate sulla ricetta, ma poi ancora accusano strutture ospedaliere troppo lontane, agende di prenotazione chiuse e Cup difficili da contattare. Ma andiamo per ordine e vediamo che cosa riporta l’indagine di Altroconsumo.
- Visite ed esami – Gran parte dei disagi segnalati dai pazienti riguardano l visite specialistiche. In particolare le visite oculistiche e dermatologiche (soprattutto riguardanti l’analisi dei nei). Tra gli esami più segnalati troviamo le ecografie, soprattutto quelle dell’addome, della tiroide, della mammella e della spalla, le risonanze magnetiche, le gastroscopie e Tac. Peraltro, proprio queste visite e questi esami risultano essere le prestazioni che più spesso i cittadini pagano di tasca propria, come confermano gli ultimi dati dell’Agenas.
- Attese e agende chiuse – Il problema delle attese eccessive riguarda la grande maggioranza degli intervistati, che dichiara di non riuscire a fare tante visite ed esami nei tempi richiesti dal medico, anche quando c’è un’urgenza indicata sulla ricetta. Colpisce però che circa 1/4 di queste segnalazioni riguardi l’impossibilità di prenotare una visita o un esame per via delle agende chiuse: una pratica che è vietata dalla legge.
- Strutture troppo distanti – Il 25% dei cittadini accusa di essere stato indirizzato a strutture sanitarie assai scomode, lontane da casa anche a 100 chilometri o più, perché nella loro provincia il primo posto sarebbe stato disponibile solamente dopo molti mesi. Per molti si tratta di un disagio molto forte, se non un vero ostacolo alle cure, e questa pratica disattende il rispetto di quel “principio di prossimità e raggiungibilità”, citato dal Piano nazionale di governo delle liste d’attesa.
- Liste d’attesa per i ricoveri – Su 1.100 intervistati, ben 300 hanno dichiarato di essere stati inseriti in una lista d’attesa per un ricovero negli ultimi due anni. Ebbene, poco più della metà è stata poi ricoverata nei tempi previsti, mentre 100 pazienti non sono stati così fortunati e circa 50 sono ancora in attesa di essere chiamati. Tra i motivi dei ritardi più citati risultano la mancanza di medici, l’assenza di letti liberi, la chiusura dell’agenda dei prossimi mesi. Soprattutto viene lamentata l’impotenza legata a una lunga e frustante attesa senza informazioni.
A fronte di queste difficoltà, la metà degli intervistati che hanno segnalato i problemi qui indicati ha deciso alla fine di rivolgersi alle strutture private, pagando quindi di tasca propria un servizio che, peraltro, il cittadino avrebbe già sostenuto con tasse e contributi e che la Costituzione prevede come un diritto. Si tratta, inoltre, di costi non sempre sostenibili, come evidenziato nell’ultimo “Termometro Altroconsumo”, da cui emerge che il numero di famiglie il cui bilancio è messo a dura prova da uscite che riguardano l’ambito sanitario è aumentato dal 43% del 2022 al 47% del 2023.
Secondo gli ultimi dati del rapporto Bes dell’Istat, infatti, il 7,6% degli italiani vive in condizioni di povertà economica (era il 7% nel 2022 e il 6,3% nel 2019). Vale a dire che ogni giorno milioni di concittadini rinunciano, per motivi economici, a beni essenziali e fondamentali per assicurarsi una qualità di vita minimamente dignitosa. Si tratta di circa 4,5 milioni e mezzo di persone che devono rinunciare a visite mediche o accertamenti diagnostici, pari a quasi 2 milioni di famiglie, che equivalgono al 7,5% di tutte quelle residenti in Italia. Per loro, l’unica alternativa concreta è attendere mesi e mesi per recarsi in strutture molto scomode, oppure rinunciare a curarsi, come denuncia 1/10 circa delle persone interpellate.
(Farma Mese N. 6-2024 ©riproduzione riservata)