Equivalenti, perché in Italia non decollano

Da oltre vent’anni sono sul mercato, hanno la stessa efficacia dell’originator e consentono di risparmiare, eppure non decollano come avviene all’estero. Ecco un identikit del comparto e delle sue caratteristiche e le proposte elaborate da Cittadinanzattiva per superare pregiudizi e resistenze culturali

Un cittadino su 3 nutre ancora dubbi sul fatto che il farmaco equivalente abbia la stessa efficacia del prodotto brand, e uno su 5 afferma che il suo medico gli prescrive soltanto medicinali “originator”. Eppure sono trascorsi oltre 20 anni da quando gli equivalenti sono entrati sul mercato italiano, numerose ricerche confermano che hanno la stessa efficacia dei prodotti “di marca” e, per giunta, i farmacisti devono per legge proporre agli assistiti il farmaco a prezzo più basso. Non di meno questi medicinali ancora non decollano, sono sempre fanalino di coda e non hanno la stessa rilevanza che registrano all’estero.

Infatti, se il 47% degli italiani si dichiara disponibile ad acquistare un equivalente, di contraltare abbiamo un 19% che predilige comunque il prodotto brand ed è disposto, per averlo, a pagare di tasca propria. E così gli assistiti per ritirare il farmaco di marca -più costoso rispetto all’equivalente interamente rimborsato dal Ssn- hanno speso nel 2023 circa 1,1miliardi di euro, e questa maggiore compartecipazione è avvenuta soprattutto nelle regioni a basso reddito, laddove invece maggiore dovrebbe essere l’attenzione al risparmio. Cerchiamo allora di saperne di più, grazie anche a un’indagine Swg promossa da Cittadinanzattiva e presentata al ministero della Salute nell’ambito della campagna “IoEquivalgo”, con il contributo non condizionato di Egualia.

Il consumo degli equivalenti

Rispetto a una spesa farmaceutica globale pari a 10,7 miliardi di euro, i medicinali equivalenti rappresentano in valori appena il 12,6% delle vendite di classe A, il 2,6% della classe C e lo 0,1% dell’area automedicazione. In termini invece di quantità, su un totale di 1,8 miliardi di confezioni di farmaci, gli equivalenti coprono soltanto il 20,2% dei medicinali di classe A, il 2,2% di classe C e lo 0,3% dell’area automedicazione. Più nel dettaglio sono

412 milioni le confezioni di equivalenti vendute in farmacia, di cui l’89% di classe A, totalmente rimborsata dall’Ssn, il 9,6% di classe C e solo l’1,4 dell’area automedicazione. In termini di valore, invece, questi prodotti fatturano in farmacia 1,65 miliardi di euro, così suddivisi per classi: l’81,5% di equivalenti di classe A, 16,8% di classe C e 2,7% dell’area automedicazione.

Sempre a valori, gli equivalenti quotano il 15,5% del totale mercato farmaceutico, contro il 51,2% coperto dai brand a brevetto scaduto, mentre i farmaci “esclusivi “(con brevetto o privi di generico corrispondente) assorbono il rimanente 33,4%. Se poi analizziamo solamente i farmaci fuori brevetto, allora vediamo che i generici rappresentano il 23,2% contro il 76,8% dei prodotti brand a brevetto scaduto.

Interessante, infine, analizzare anche l’incidenza degli equivalenti sul totale del mercato farmaceutico: a quantità coprono il 22,7%, mentre il 53,9% è fatto dai brand a brevetto scaduto, e il rimanente 23,4% dai farmaci esclusivi (con brevetto o senza generici corrispondenti). A valori, invece, questi sono i dati: 70,3% riguardano i brand a brevetto scaduto e il 29,7% gli equivalenti.

La spesa rimborsata dal Ssn

Rispetto al 2022 risultano in leggera flessione (-5,4%) le confezioni dei prodotti “esclusivi”, mentre sono in crescita (+2,4%) i farmaci equivalenti. Anche la spesa rimborsata nel 2023 registra, rispetto al 2022, una flessione per i prodotti esclusivi (-6,6%), mentre si verifica una crescita del 2,8% per i farmaci equivalenti. Questo dimostra una loro lenta progressione, anche se rimangono ben presenti le differenze dei consumi per aree geografiche.

Come emerge dall’ultimo Report realizzato dal Centro Studi di Egualia, il ricorso alle cure equivalenti continua ad essere privilegiato al Nord (39,8% a unità e 33% a valori), rispetto al Centro (29% a unità e 26,1% a valori) e al Sud (23,7% a unità e 21,9% a valori), a fronte di una media Italia del 32% a confezioni e del 26,1% a valori. In particolare, a Trento (44,7%), Friuli Venezia-Giulia (41,9%), Piemonte (40%) ed Emilia Romagna (39,6%) si registrano i più alti consumi in quantità di equivalenti sul totale delle unità rimborsate dal Ssn, mentre i più bassi si verificano in Basilicata (24,3%), Sicilia (22,7%), Campania (21,9%) e Calabria (21,7%). Idem anche in termini di valori.

Come conseguenza, abbiamo che i cittadini nel 2023 hanno versato di tasca propria 1.029 milioni di euro di differenziale di prezzo per ritirare il brand off patent, più costoso, invece che il generico-equivalente interamente rimborsato dal Ssn. L’incidenza maggiore a livello regionale si registra in Molise (15,9% della spesa regionale Ssn nel canale retail) e nel Lazio (16,2%). Quella più bassa si registra, invece, ancora una volta in Lombardia, dove il differenziale versato di tasca propria dai cittadini quota il 10,5% della spesa regionale Ssn per i farmaci brand off patent.

La top 10 delle molecole e delle categorie terapeutiche

Per il farmacista può essere utile anche conoscere quali siano le molecole e le categorie terapeutiche maggiormente utilizzate dai consumatori dei farmaci equivalenti. Per quanto riguarda il Top Ten delle molecole, questi i dati a valori suddivisi per Classe:

  • Classe A – Pantoprazolo e Lansoprazolo guidano la classifica a valore delle prime 10 molecole generiche, concentrando rispettivamente il 7% e il 4% della spesa. Un altro 3% è assorbito dall’Atorvastatina, seguita da altri due: un’anti-ulcera di fama consolidata, come l’Omeprazolo, e il beta-bloccante Bisoprololo, entrambi quasi al 2%.
  • Classe C – Le molecole contro la disfunzione erettile, collocate rispettivamente al settimo e al nono posto della classifica per consumi tra le prime 10 molecole generiche in classe C, guadagnano posizioni nell’analisi per quote di spesa. In prima posizione resta il Tadalafil al 17%, seguito da Sildenafil citrato e da Lorazepam, entrambi al 12%.

Per quanto riguarda, invece, la Top Ten delle categorie terapeutiche questa è la suddivisione per classe:

  • Classe A – Gli inibitori di pompa protonica sono leader anche dal punto di vista della spesa: qui i generici-equivalenti pesano per il 49%, seguiti dalle statine (dove gli equivalenti quotano il 41,9% della spesa) e i beta- bloccanti (32,5%).
  • Classe C – Gli equivalenti contro la disfunzione erettile primeggiano, tanto a valori quanto a volumi, rispetto ai brand off patent, assorbendo il 66,6% della relativa spesa. Seguono le categorie dei tranquillanti (30,1%), gli ipnotici e sedativi (29%) e i corticosteroidi con antibatterici (24,6%).

Le abitudini prescrittive

Al momento dell’acquisto quasi due italiani su tre (64%) si affidano alle indicazioni del medico, soprattutto tra gli over 64 e i residenti nel Nord-Est, ma c’è una certa fiducia anche nelle indicazioni del farmacista (23%), soprattutto tra i giovani. Quanto alle abitudini prescrittive dei medici, risulta che il 20% del campione dice che il medico indica in ricetta solo il farmaco di marca, il 36% riporta il principio attivo e il farmaco di marca e soltanto il 31% riferisce che il medico indica soltanto il principio attivo, lasciando al paziente la scelta tra equivalente e brand. Il 47% del campione si dice comunque orientato ad acquistare un farmaco equivalente, il 34% il farmaco consigliato dal medico o dal farmacista e il 19% il farmaco di marca.

Per quanto riguarda il comportamento degli intervistati, il 72% del campione dichiara di essere ben informato sui farmaci equivalenti, grazie al farmacista (58%) o al medico (41%): l’83% del campione sa che l’equivalente contiene lo stesso principio attivo del brand, il 69% che contiene la stessa quantità di farmaco, ma per quasi un quarto della popolazione generici ed equivalenti non sono la stessa cosa. E quasi il 30% degli intervistati continua ad avere dubbi sul fatto che abbiano la stessa efficacia. Da qui l’opportunità di una grande campagna d’informazione e comunicazione istituzionale, rivolta non soltanto alla cittadinanza, ma anche agli operatori sanitari, tra i quali i farmacisti, per superare pregiudizi e resistenze di tipo culturale.

E non solo, perché gli interventi dovrebbero essere ad ampio raggio, come indicano le proposte concrete elaborate da Cittadinanzattiva. Innanzitutto, sul piano della formazione, sviluppare piani formativi dedicati al tema dei farmaci equivalenti all’interno dei corsi di laurea in farmacia, medicina e infermieristica, oltre a potenziare i corsi di formazione Ecm. Sul piano, invece, della prescrizione, estendere l’uso della ricetta elettronica e rendere sistematico il monitoraggio sia sulle prescrizioni, sia sull’appropriatezza nell’uso delle clausole di non sostituibilità. Sul piano tecnico-sociale, infine, proporre a livello regionale tavoli con il coinvolgimento di medici, farmacisti, infermieri, società scientifiche, organizzazioni civiche e pazienti, al fine di avviare azioni sinergiche per migliorare l’accesso ai farmaci equivalenti.

 

 

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