Da un po’ di tempo a questa parte, quando qualcuno mi chiede come sto, rispondo: “Ogni giorno, di bene in meglio!”. Molto interessante vedere la reazione di chi mi sta di fronte: quasi sempre occhi sgranati e un’esclamazione del tipo: “Ah, però, e cosa è successo?”.
E questo accade non perché queste persone fossero abituate a sentirsi dire da me che andava male, tutt’altro. È semplicemente dovuto al fatto che, ormai, è diventata consuetudine lamentarsi. E questo si verifica soprattutto da parte di chi, tutto sommato, non ne avrebbe motivo.
È un dato di fatto che i nostri comportamenti sono normalmente guidati dalle emozioni ed è altrettanto vero che esse dipendono, per ben il 95%, dal nostro inconscio, che non è sempre facile da controllare. Ma andiamo avanti. Quel senso di negatività a cui accennavo prima non è che un segnale di un generale degrado emotivo che sta colpendo la popolazione mondiale (direi soprattutto del mondo cosiddetto occidentale).
Una ricerca della Georgetown University ha mostrato come gli intervistati (un campione di oltre 70.000 persone) abbia scelto la rabbia come emozione principale. Ma il dato ancora più allarmante è che questa percentuale è in grande crescita, raggiungendo circa il 50% del campione.
Sappiamo anche che tra le altre emozioni considerate “primarie” ci sono: la tristezza, il disgusto, il disprezzo, la paura: insomma, tutte negative. Purtroppo, questi stati emotivi che, come detto, sono determinati principalmente dal nostro inconscio, se non opportunamente controllati portano le persone ad assumere atteggiamenti che possiamo definire come maleducati o incivili. Chi si trova a fare un lavoro in costante contatto con il pubblico (e chi lavora in farmacia ne è un esempio) potrà confermare come i comportamenti maleducati, negli ultimi anni, siano progressivamente aumentati. Un’altra indagine condotta dall’Università citata prima afferma che oltre il 75% degli intervistati subisce episodi di inciviltà almeno una volta al mese.
A questo punto le domande sono due, a mio avviso: perché accade ciò? Come comportarsi in queste situazioni? Per quanto riguarda il primo interrogativo, la risposta sembrerà banale, ma è, ancora una volta, riconducibile all’aumento di stress; e questo è, a sua volta, dovuto alla situazione ambientale: carico di lavoro, postumi della pandemia, le guerre, l’instabilità politica ed economica mondiale.
Ma possiamo anche aggiungere che, già nel 2007, la popolazione urbana ha superato quella nelle campagne e si ipotizza che entro il 2050 due terzi della popolazione mondiale abiterà nelle città. E la vita in città, che ha indubbiamente dei vantaggi, porta anche le persone a isolarsi molto di più, a essere ego-riferite, a perdere il senso di comunità. Inutile aggiungere che internet e i social network non fanno che peggiorare questo isolazionismo.
Empatia prima di tutto
E dunque come comportarsi in queste situazioni? (e qui stiamo dando per scontato di essere vittime di episodi di inciviltà e maleducazione, ma un attento esame introspettivo non farebbe male…). Innanzitutto, dobbiamo considerare che il comportamento scorretto è, talvolta, solo negli occhi di chi lo riceve. Ci sono, infatti, comportamenti che possono assumere diverse valenze e sfumature a seconda della cultura, dell’età, del sesso e così via.
La prima cosa da fare, dunque, dovrebbe essere quella di mettersi nei panni dell’altro. Che poi, null’altro è se non cercare di avere un comportamento empatico. E purtroppo i dati dimostrano che negli ultimi 20 anni si è assistito a un calo dell’empatia da parte delle persone, quasi a voler assumere un atteggiamento di autodifesa. Quindi, ancora una volta, tutto incomincia da noi. Non possiamo pensare di cambiare il prossimo.
E, come dice il saggio: “Sforzati di diventare una persona onesta: è l’unico modo per essere sicuro che ci sia un malandrino in meno sulla terra”.
(Roberto Valente, Farma Mese N. 1/2-2025 ©riproduzione riservata)