Legittima difesa in farmacia: quali i limiti

La circolare con cui Federfarma Roma ha a suo tempo commentato la severa condanna penale a un rapinatore seriale di farmacie consente di trarre utili suggerimenti su come comportarsi in situazioni similari.

La sentenza del Tribunale Penale di Roma (6 febbraio 2020) ha comminato una pena di 9 anni di reclusione all’autore seriale di numerose rapine a farmacie della Capitale. L’interesse della decisione è dato da due novità: una è il riconoscimento anche della Federfarma Roma, costituita parte civile, come soggetto danneggiato; l’altra non meno importante è data dai contenuti della circolare emessa dall’associazione romana a commento della decisione. Riporta suggerimenti comportamentali che meritano di essere ricordati, così come quelli giustamente taciuti in ordine ai mezzi di difesa personale e del patrimonio.

Ma ricordiamo innanzitutto quanto riportato nella circolare: “È necessario che il titolare della farmacia rapinata trasmetta tempestivamente all’Associazione via email ogni avviso che gli venisse inviato dal Tribunale come persona offesa”. Prosegue rilevando che è fondamentale che i documenti vengano trasmessi immediatamente all’Associazione, per consentire al legale di coordinare con le Procure le condizioni per procedere alla costituzione di parte civile. Conclude la circolare osservando che la costituzione di parte civile effettuata dall’Associazione “consentirà di tutelare adeguatamente le farmacie interessate senza esporre in prima persona il farmacista titolare”.

L’uso delle armi ai fini difensivi della propria persona è sì ammesso, purché vengano rispettati dei precisi presupposti di fatto. Esso è addirittura negato quando si vogliono difendere i beni patrimoniali o nel caso in cui i rapinatori si siano dati alla fuga. In queste ultime ipotesi, se si fa uso dell’arma ferendo gli autori, sussistono gravi responsabilità penali del farmacista.

Non sono state, e saggiamente, fornite indicazioni su come difendersi durante la rapina. La ragione è evidente: nelle ipotesi di aggressioni, le modalità di difesa della propria persona e dei beni materiali è stabilita dal nostro Codice Penale nell’art. 52, che regola la legittima difesa. Al riguardo è bene ricordare che l’uso delle armi ai fini difensivi della propria persona è sì ammesso, purché vengano rispettati dei precisi presupposti di fatto. Va subito detto, quindi, che esso è addirittura negato quando si vogliono difendere i beni patrimoniali o nel caso in cui i rapinatori si siano dati alla fuga. In queste ultime ipotesi, se si fa uso dell’arma ferendo gli autori, sussistono gravi responsabilità penali del farmacista. E difatti, in caso di aggressione, l’uso dell’arma per legittima difesa -come regolato dall’art. 52 C.P.- è prevista solo ed esclusivamente se il farmacista sia stato “costretto” a usarla per aver subito una grave lesione alla sua integrità fisica, e sul presupposto che la difesa sia proporzionata all’offesa.

Nei casi esaminati dal Tribunale di Roma è pacifico che il rapinatore non abbia esploso colpi di pistola, limitandosi -usando soltanto minacce- a prelevare danaro per poi darsi alla fuga. Per fortuna nessuno dei farmacisti rapinati ha fatto uso di armi, né tanto meno ha esploso colpi d’arma mentre stavano fuggendo. Qualora ciò, malauguratamente, fosse avvenuto, i farmacisti sarebbero finiti nelle maglie della giustizia penale.

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