Commercio online e tutela del consumatore

È di un anno fa l’entrata in vigore della Direttiva Ue 2019/2161 del Parlamento europeo e del Consiglio, che ha introdotto una serie di prescrizioni miranti a uniformare e modernizzare, a livello europeo, le norme relative alla protezione dei consumatori. In Italia, previo recepimento nel Decreto legislativo n. 26/2023, alcune delle novità introdotte dalla Direttiva hanno modificato in modo rilevante e, al momento in cui si scrive, oserei dire molto attuale, il Codice del Consumo risalente al 2005.

Proprio perché recepite nel predetto Codice del Consumo, le prescrizioni in questione non possono non trovare applicazione e vanno lette nella logica di tutela del consumatore, inteso come colui che agisce al di fuori di logiche commerciali e che è “mediamente avveduto”, per non dire “bisognoso”, di tutela e di cautele negli acquisti che si approssima a intraprendere anche on line. Contrapposto al consumatore, è intuitivamente il professionista/venditore -e, dunque, nel nostro caso, il farmacista- che, a differenza del primo, non è protetto dalla normativa in questione, ma, piuttosto, è sotto la lente d’ingrandimento di quest’ultima, pronta a prevederne le possibili sanzioni nell’ipotetico passo falso. Il fatto, poi, che nell’ambito del commercio elettronico si operi non soltanto con riferimento a cosmetici, integratori e parafarmaci, ma anche ai farmaci, sia pure nei limiti di quelli senza prescrizione medica, induce a ritenere che la cautela e l’attenzione che occorre riservare al consumatore è decisamente alta.

Venendo più specificatamente alle prescrizioni europee, va detto che a essere regolamentato dall’articolo 17 bis del Codice del Consumo è, in particolare, “il modo” in cui viene annunciata al consumatore una diminuzione del prezzo di vendita di un determinato prodotto rispetto a quello precedentemente applicato. Può sembrare banale il contenuto della norma, ma essa si riferisce a ogni comunicazione rivolta al consumatore -nel luogo fisico e on line- e destinata a riservargli un vantaggio economico derivante da un determinato acquisto in uno specifico ambito temporale.

Il nuovo articolo 17 bis del Codice dispone, nello specifico, che ogni annuncio di riduzione del prezzo deve indicare il prezzo precedente applicato dal professionista/venditore per un determinato periodo di tempo prima dell’applicazione della riduzione. Per prezzo precedente si intende il prezzo più basso applicato nei 30 giorni precedenti all’applicazione della riduzione del prezzo. Precisa la norma che, nel caso in cui la riduzione di prezzo sia progressivamente aumentata durante una medesima campagna di vendita senza interruzioni, si tiene presente la prima riduzione di prezzo.

La norma si applica alle vendite straordinarie, cioè alle vendite promozionali nelle quali vengono offerte condizioni favorevoli, reali ed effettive, di acquisto dei prodotti, nonché alle riduzioni di prezzo formulate in termini generali (per esempio “questa settimana sconto del 20% su tutti i solari”).

Alla norma fanno, invece, eccezione alcune iniziative di natura promozionale che il ministero delle Imprese e del Made in Italy ha così esemplificato:

1) le vendite sottocosto, cioè quelle vendite al pubblico di uno o più prodotti effettuate a un prezzo inferiore a quello risultante dalle fatture di acquisto, maggiorato dell’imposta del valore aggiunto e di ogni altra imposta;
2) le vendite in cui la riduzione di prezzo è subordinata a specifiche condizioni diverse dal mero acquisto del prodotto, per esempio programmi di fedeltà, attribuzione di buoni per successivi acquisti a favore di chi ha già comprato uno specifico prodotto e/o con un importo minimo, operazioni a premio, riduzioni di prezzo entro tetti massimi di spesa oppure a partire da tetti minimi di spesa;
3) le promozioni soggette a condizioni (3×2) e altri sconti quantitativi oppure omaggi su acquisti particolari, a titolo di esempio, l’asciugamano con il solare;
4) le offerte ad personam, cioè quelle riservate a un consumatore specifico in circostanze particolari, per esempio, al momento dell’iscrizione al programma fedeltà o in occasioni speciali (come il compleanno del cliente);
5) le riduzioni di prezzo in modo indeterminato, per esempio, sconto del 20% sul prodotto più caro del carrello oppure buoni utilizzabili fino a un numero massimo all’interno di un paniere;
6) i vantaggi derivanti al consumatore nel caso di vendite abbinate: per esempio, le offerte di due o più prodotti a un prezzo speciale inferiore rispetto alla somma dei prezzi dei singoli prodotti;
7) i prezzi di lancio di un prodotto per penetrare il mercato e che si connotano per successivi annunci di incremento di prezzo.

Si tratta di norme improntate a garantire al consumatore la trasparenza dell’acquisto e l’eventuale violazione è punita con la sanzione pecuniaria compresa tra 516,46 euro e 3.098,74 euro. La sanzione può sembrare poco consistente, ma occorre considerare che le iniziative promozionali di natura economica possono talvolta configurare anche pratiche commerciali ingannevoli nei confronti del consumatore e, dunque, essere punite con sanzioni decisamente più elevate.

È proprio sotto il profilo delle condotte ingannevoli che la direttiva in commento ha determinato l’introduzione nel Codice del Consumo di ulteriori prescrizioni dirette a tutelare il consumatore. In particolare, il legislatore europeo ha considerato che al momento di decidere un acquisto i consumatori si affidano sempre più spesso alle recensioni e alle raccomandazioni di altri consumatori, pertanto, quando si fornisce l’accesso alle recensioni dei consumatori, il gestore del sito web dovrebbe informare gli stessi dell’adozione di processi o procedure idonee a garantire che le recensioni pubblicate provengano da consumatori che effettivamente hanno acquistato oppure utilizzato i prodotti in questione.

Se sono operativi questi processi o procedure, occorrerebbe anche precisare quali sono le modalità di svolgimento delle verifiche e fornire ai consumatori informazioni chiare sul modo in cui sono elaborate le recensioni. Per esempio, se sono pubblicate tutte le recensioni, sia positive sia negative, o se le recensioni sono state sponsorizzate oppure influenzate da un rapporto contrattuale con un professionista. Inoltre, dovrebbe essere considerata una pratica commerciale sleale indurre in errore i consumatori dichiarando che le recensioni di un prodotto sono state inviate da consumatori che hanno effettivamente utilizzato o acquistato il prodotto in questione quando, invece, non è stata adottata alcuna misura “ragionevole e proporzionata” per garantire che esse provengano da detti consumatori. Queste misure potrebbero includere mezzi tecnici intesi a verificare l’attendibilità della persona che “posta” una recensione, per esempio inviando una richiesta di informazioni/questionario per verificare che il consumatore abbia effettivamente utilizzato o acquistato il prodotto recensito.

Sulla scorta di queste considerazioni, l’articolo 22 del Codice del Consumo è stato integrato con un’espressa previsione per cui gli obblighi di informazioni previsti dal diritto comunitario sono considerati “rilevanti”. La norma in questione, che considera “ingannevole” la pratica commerciale che omette informazioni “rilevanti” di cui il consumatore medio ha bisogno per prendere una decisione consapevole di natura commerciale, precisa che sono considerate “rilevanti” le informazioni che indicano se e in che modo il professionista/farmacista garantisca che le recensioni pubblicate sul sito web provengano da consumatori che hanno effettivamente acquistato o utilizzato il prodotto.

In punto il successivo articolo 23 è stato integrato anch’esso dalla Direttiva nella parte in cui enumera, tra le pratiche commerciali considerate “ingannevoli”, quelle recanti l’indicazione che le recensioni di un prodotto sono inviate da consumatori che hanno effettivamente utilizzato o acquistato il prodotto “senza adottare misure ragionevoli e proporzionate” per verificare che le recensioni provengano effettivamente da tali consumatori. Altre pratiche commerciali considerate ingannevoli dal Codice sono quelle consistenti nell’inviare -o incaricare un’altra persona giuridica oppure fisica di inviare- false recensioni di consumatori o falsi apprezzamenti, oppure nel fornire false informazioni in merito a recensioni di consumatori o ad apprezzamenti sui social media al fine di promuovere i prodotti.

Si legge ancora che è considerata condotta ingannevole quella di fornire risultati di ricerca in risposta a una ricerca on line del consumatore senza che sia chiaramente indicato “ogni eventuale annuncio pubblicitario a pagamento” oppure “pagamento specifico per ottenere una classificazione migliore dei prodotti all’interno di tali risultati”.
Sul rispetto delle regole indicate vigilano, per i farmacisti, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcom), l’Ordine dei farmacisti e l’Autorità sanitaria competente e ciascuna di esse, per quanto di competenza, terrà conto dei seguenti criteri che non sono ovviamente esaustivi dell’indagine condotta:

a) natura, gravità, entità e durata della violazione;
b) eventuali azioni intraprese dal professionista per attenuare il danno subito dal consumatore o per porvi rimedio;
c) eventuali violazioni commesse in precedenza dal professionista;
d) benefici finanziari conseguiti oppure le perdite evitate dal professionista in conseguenza della violazione;
e) eventuali altri fattori aggravanti o attenuanti, applicabili alle circostanze del caso.

Proprio a voler sottolineare l’importanza di tutela del consumatore, all’articolo 27 del Codice è stata inserita un’apposita disposizione che prevede che i consumatori lesi da pratiche commerciali sleali possono ricorrere al giudice ordinario per ottenere rimedi “proporzionati ed effettivi”. Si devono intendere per tali il risarcimento del danno subito, l’eventuale riduzione del prezzo, la risoluzione del contratto; il tutto tenuto conto della gravità e della natura della pratica commerciale sleale, oltre che delle altre circostanze pertinenti e che ho prima indicato. Infine, in modo ultroneo, vengono fatti salvi “ulteriori rimedi” a tutela del consumatore.

Insomma, che il consumatore sia protetto non paiono esservi dubbi, ma per quanto riguarda il punto di vista del farmacista ritengo che le prescrizioni indicate debbano essere lette come “misura” della propria professionalità e, dunque, della costruzione della propria reputazione sul web. Detto altrimenti il rispetto delle regole indicate è espressione di diligenza e serietà, qualità che in prospettiva soddisfano per primo il professionista, poi il consumatore/navigatore del web, sempre più esperto, e, da ultimo, ma non per minor importanza, gli enti preposti al controllo. n

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