Infermiere in farmacia, quali i contratti

La presenza in farmacia, anche saltuaria, di nuove figure professionali (fisioterapisti, podologi, nutrizionisti, eccetera) può essere regolamentata con specifici rapporti di lavoro, previsti dalla legge. Vediamo quali sono le possibilità offerte al titolare della farmacia, soffermandoci sulle diverse caratteristiche

Le nuove norme relative alla “Farmacia dei servizi” ampliano la presenza in farmacia di nuove figure professionali, capaci di arricchire l’offerta in specifici ambiti salutistici, legati per esempio alle peculiari competenze di infermieri, nutrizionisti, podologi e altri ancora. In un contesto di mercato del lavoro in continua evoluzione, infatti, anche il settore delle farmacie private prevede ora l’inserimento di nuove figure professionali, per le quali possono essere individuati specifici rapporti collaborativi. In funzione di ciò andiamo ad analizzare le possibili soluzioni contrattuali che il titolare di farmacia ha per instaurare corretti rapporti di lavoro.
Nel numero di aprile di “Farma Mese” abbiamo riportato un articolo sui diversi rapporti di lavoro (“Assunzioni? Questi i contratti”, pag. 38-40). Ritorniamo ora sul tema e completiamo l’analisi soffermandoci soprattutto sulle tipologie di contratti più adatti a queste nuove figure professionali.

1) Contratto di lavoro subordinato
È un contratto caratterizzato dal vincolo della “subordinazione”, in cui il collaboratore si impegna a prestare il proprio lavoro alle dipendenze e sotto la direzione e il controllo del datore di lavoro in cambio della retribuzione.
È la fattispecie contrattuale più tipica, soprattutto per quanto concerne il contratto a tempo indeterminato full time, ma ci sono forme contrattuali più flessibili, come il contratto di lavoro part-time e il contratto a tempo determinato.
Siamo, comunque sia, in presenza di un rapporto di lavoro ben strutturato: il titolare di farmacia corrisponderà al lavoratore una retribuzione, pagherà i contributi previdenziali (Inps) e i premi assicurativi (Inail) e il lavoratore avrà diritto a usufruire di ferie, rol, permessi, alla tutela nei casi di malattia o di maternità.
Quindi, il contratto di lavoro subordinato prevede tutti gli obblighi connessi alla gestione di un ordinario rapporto di lavoro, ma la prestazione lavorativa potrà essere diretta e controllata dal titolare di farmacia.

2) Contratto di collaborazione coordinata e continuativa (“Co.co.co.”)
È un contratto al di fuori della tipica subordinazione e che, al tempo stesso, non rientra nel lavoro autonomo: siamo nella cosiddetta “para-subordinazione”. Il collaboratore non è soggetto al potere di direzione del titolare di farmacia, ma deve comunque coordinarsi con lui e la sua organizzazione e deve rendere la prestazione lavorativa in modo personale e continuativo.
Il titolare deve, quindi, corrispondere al collaboratore il compenso pattuito e versare i contributi previdenziali alla gestione separata dell’ente di riferimento, sia per la quota a suo carico, sia per quella a carico del collaboratore. Non essendo un rapporto di lavoro subordinato non ci sono gli obblighi connessi (ferie, rol, permessi, malattia, maternità, eccetera), ma è obbligatoria la comunicazione iniziale al centro per l’impiego, indicando il compenso corrisposto e i versamenti contributivi. Questo contratto prevede meno obblighi per il titolare, ma la prestazione lavorativa non potrà essere da lui diretta, perché dovrà limitarsi a un mero coordinamento tra l’attività della farmacia e quella del collaboratore.

3) Contratto di lavoro autonomo
Questa tipologia è in antitesi rispetto al lavoro subordinato: il professionista non è assoggettato al potere direttivo, gerarchico e disciplinare del titolare, ma lavora in totale autonomia e discrezionalità. Sarà, quindi, un libero professionista (titolare di partita Iva), avrà una propria organizzazione imprenditoriale e assumerà su di sé il rischio economico. Il titolare, come nel contratto Co.co.co., concorda e corrisponde un compenso, mentre il professionista rilascerà apposita fattura, includendo il contributo previdenziale integrativo (4% da applicare sul corrispettivo lordo), che verserà alla Gestione principale dell’Enpapi.
In questo caso, molto probabilmente, il corrispettivo pattuito sarà superiore rispetto al rapporto Co.co.co., perché gli oneri previdenziali saranno integralmente a carico del professionista. Il quale, operando in regime libero professionale, avrà l’onere di versare anche il contributo soggettivo obbligatorio (16% del reddito netto professionale, al netto delle spese, ma al lordo della ritenuta d’acconto). Utilizzando, inoltre, i propri mezzi o strumenti di lavoro avrà un aggravio dei costi.
Con il contratto di lavoro autonomo non ci sono particolari obblighi in capo al titolare, oltre al pagamento del corrispettivo pattuito. Tuttavia, non potrà impartire ordini e/o direttive specifiche, ma dovrà limitarsi a ricevere la prestazione professionale che il professionista è libero di organizzare come meglio crede.

4) Contratto di lavoro autonomo occasionale
Vi rientra la prestazione resa dal professionista non titolare di partita Iva. Le modalità non mutano rispetto al lavoro autonomo, ma cambiano radicalmente gli aspetti fiscali e previdenziali, anche perché il professionista non rilascerà alcuna fattura, ma una ricevuta. Va subito precisato che la prestazione di lavoro autonomo si può considerare occasionale, quando viene eseguita in modo non abituale o saltuaria, e il compenso pattuito non supera il limite di 5.000,00 euro annui. Nella ricevuta il professionista dovrà indicare la ritenuta d’acconto (20% sul compenso), che poi il titolare corrisponderà all’Erario entro il 16 del mese successivo al pagamento. Inoltre il titolare, come nel Co.co.co, dovrà versare i contributi previdenziali alla Gestione separata Enpapi, sia per la quota a suo carico, sia per quella del collaboratore (infermiere o altro).
Ricordiamo che il lavoro autonomo (anche occasionale) è la forma contrattuale con minori vincoli, ma presenta rischi in caso di contenzioso, laddove emergesse che la prestazione svolta non era autonoma, ma di lavoro subordinato.

Oltre alle forme contrattuali sopra citate, possono essere stipulati contratti di natura commerciale tra la farmacia e un’organizzazione imprenditoriale. Ecco allora a quali tipologie contrattuali si può fare riferimento.

1) Contratto di somministrazione: si tratta di un rapporto di lavoro con il quale un’agenzia autorizzata (somministratore), iscritta a un apposito Albo presso l’Agenzia nazionale per le Politiche attive del lavoro (Anpal), mette uno o più lavoratori suoi dipendenti (somministrati) a disposizione di un’impresa (utilizzatrice).

2) Contratto di appalto: è un accordo tra il committente e l’appaltatore, in base al quale vengono stabiliti i termini e le condizioni per l’esecuzione di specifici lavori o servizi. Modalità di esecuzione dei lavori, mezzi, prezzi, tempi, potere direttivo e rischio d’impresa sono gli elementi fondamentali che distinguono la somministrazione dall’appalto, la cui presenza o assenza rendono legittimo o meno l’appalto. Questo tipo di contratto è ampiamente utilizzato nel settore delle costruzioni e delle forniture, ma può essere applicato anche in altri settori, come appunto la farmacia.

Dopo questa breve disamina, possiamo affermare che ogni tipologia contrattuale ha sicuramente dei vantaggi e degli svantaggi, ma sarà cura del titolare di farmacia valutare, secondo le proprie esigenze, la miglior soluzione da adottare.

(Farma Mese N. 8-2024 ©riproduzione riservata)

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