Quasi 10 milioni di italiani soffrono di dolore di intensità moderata o severa (19,7% i maggiorenni) con una prevalenza femminile (22,2% delle donne 18,1% degli uomini). Un mercato da 1.268 milioni di euro in farmacia, per un totale di 152 milioni di confezioni vendute.
Dalla ricerca Censis-Grünenthal, intitolata “Vivere senza dolore”, emerge che 9,8 milioni di italiani soffrono di dolore di intensità moderata o severa (19,7% i maggiorenni) con una prevalenza femminile (22,2% delle donne 18,1% degli uomini).
Le principali localizzazioni del dolore cronico moderato o severo -dichiarate da coloro che ne soffrono e rilevate dal Censis- riguardano principalmente il mal di schiena, sia della parte bassa sia alta, seguite con frequenze minori dal collo, dal ginocchio, dalla testa e dalle altre parti del corpo (vedasi tabella).
Il 62,1% dei malati riesce a tenere sotto controllo il dolore, seguendo specifiche terapie e trattamenti.
In particolare, i farmaci più usati per curare o attenuare il mal di schiena e i dolori osteo-articolari in generale sono i Fans, gli antidolorifici sistemici/topici e i miorilassanti (Classi M01: Prodotti antiinfiammatori, M02: Antireumatici Topici, M03: Miorilassanti, N02: Analgesici). I dati del mercato sell-out delle farmacie -fornitici da Pharma Data Factory (che garantisce una copertura pressoché censuaria)- dimostrano che, nell’anno mobile giugno 2023-luglio 2024, il valore delle vendite dell’insieme delle specialità medicinali per il mal di schiena è stato di 1.268,4 milioni di euro, per un totale di 152 milioni di pezzi, e con un prezzo medio a confezione di 8,3 euro. Rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente si è così registrato un incremento a valore di 29,7 milioni di euro, pari a +2%, mentre a confezioni si è avuto un leggero decremento (-1%), con un prezzo medio aumentato di circa il 3%.
Poco più della metà (53%) del valore dei farmaci veduti erano a medio o basso dosaggio, vale a dire formulazioni in mg inferiori a 400 mg e concentrazioni all’1%, con l’altra metà scarsa ad alto dosaggio, cioè con contenuti superiori o uguali a 400 mg e con concentrazioni superiori o uguali al 2%.
Anche a confezioni la percentuale delle vendite a medio-basso dosaggio è risultata leggermente superiore (51%), rispetto a quelle ad alto dosaggio (49%).
Il trend dei prodotti
Il 90% del fatturato, pari a 1.141,6 milioni di euro, è maturato attraverso l’acquisto diretto in farmacia da parte del paziente, che ha sborsato un prezzo medio per confezione di 8,6 euro, mentre il rimanente 10%, pari a 126,8 milioni di euro, è stato acquisito attraverso il Ssn a prezzo medio di 6,4 euro. Pertanto, le maggiori quantità comperate in privato sono state pagate poco più di 2 euro a confezione, rispetto al prezzo del Ssn.
Ma scendiamo a considerare il mercato delle diverse specialità.
Quelle a base di Paracetamolo, con 218,8 milioni di euro di sell-out e 29,9 milioni di confezioni, conquistano il podio tra le molecole “top ten” più richieste dai pazienti. Seguono Ibuprofene (184,7 milioni di euro e 21,1 milioni di pezzi), Diclofenac sodico (88,3 milioni di euro e 9,8 di pezzi), Ketoprofene sale di lisina (73,8 milioni di euro e 12,1 di pezzi), Diclofenac sale di dietilamina (54,2 milioni di euro e 3,6 di pezzi) e altre 5 molecole con un fatturato che varia dai 13,5 ai 19,1 milioni di euro.
Confrontando i risultati di vendita attuali con lo stesso periodo dell’anno precedente notiamo che Paracetamolo e Ibuprofene hanno registrato una crescita a valore del 6%, Diclofenac sodico del 10%, mentre Ketoprofene sale di lisina è in leggera contrazione (-1%), come pure risulta in decremento Diclofenac sale di dietilamina (-5%). E ancora registriamo un +15% per il Declofenac Idrossietilpirrolidina (Declofenac Epolamina), che nel periodo considerato ottiene un fatturato di 17,6 milioni di euro con 1,2 milioni di pezzi, e un +7% per Ibuprofene sale di lisina (18,4 milioni di euro con 1,8 milioni di pezzi).
Caratteristiche dei pazienti
Circa la metà delle confezioni richieste dai pazienti alle farmacie, nell’anno mobile giugno 2023-luglio 2024, è stato fatto da persone adulte di età compresa tra i 35 e i 64 anni, con un massimo registrato nella classe 50-64 anni.
Poco più di un terzo (circa 34%) era tra gli anziani (65 anni e oltre), mentre una quota di oltre l’11% tra i giovani in età pediatrica sino ai 34 anni d’età, dove peraltro si nota nell’anno una forte contrazione degli acquisti (-10%), in maggioranza confezioni di dosaggio medio basso.
In particolare, nelle due classi centrali si verificano comportamenti diversi. Tra i 35-49 anni vi è una prevalenza di dosaggio medio basso e una contrazione di acquisti in pezzi del 3%, mentre nei 50-64enni vi è una leggera prevalenza del dosaggio alto e un incremento nell’insieme del 3%, quale anticipo della classe anziani, dove prevale il dosaggio alto e acquisti in crescita, soprattutto tra gli 85enni e oltre (+6%).
Le ripercussioni sul lavoro
Il mal di schiena colpisce un’ampia fascia di persone, in particolare quelle in piena attività lavorativa. Dalla ricerca Censis emerge che sono principalmente le seguenti attività quotidiane a causare dolore cronico moderato o severo: sollevare oggetti (60,2%), svolgere attività fisica/ginnastica (59,3%), dormire (50,5%), passeggiare/camminare (49%), svolgere faccende domestiche (48,5%), partecipare ad attività sociali (36,8%), guidare l’auto (23,6%), gestire relazioni (23,2%), tutte con costi sociali importanti.
Il 40,6% dei malati ha accusato conseguenze negative sul proprio lavoro, alcuni dovendosi astenere dal lavoro, altri riducendo il rendimento.
Alcuni hanno dovuto cambiare mansione, oppure sono stati costretti a ridurre l’orario ricorrendo al part time e così via.
La Federazione nazionale degli Ordini dei fisioterapisti (Fnofi) riserva l’8 settembre alla giornata mondiale del mal di schiena, una patologia tra le prime cause di disabilità nel mondo, che si ritiene supererà nel 2050 l’Alzheimer come patologia invalidante.
Ad affermarlo è uno studio condotto in 204 Paesi e pubblicato su “Lancet” nel maggio scorso, e la stessa Oms considera il mal di schiena una patologia mondiale importante sulla quale lavorare.
Commenta il Censis: “Si tratta di patologie croniche che per definizione durano nel tempo e abbisognano quindi di una sanità di prossimità, di facile consultazione e accesso”.
La farmacia, pertanto, non può che essere in primo piano.
(Farma Mese N. 8-2024 ©riproduzione riservata)