Passaggio da part time a tempo pieno. Chi rifiuta può essere licenziato?

Secondo la Corte di Cassazione, il licenziamento per rifiuto di passare da part time a tempo pieno è valido soltanto se supportato da adeguate motivazioni. Le modalità di esecuzione della prestazione lavorativa costituiscono tematiche di frequente attenzione giurisprudenziale. Quello che esaminiamo qui è il recente il provvedimento, emesso il 23 ottobre 2023 (n. 2015) dalla Corte Suprema di Cassazione, riguardante il licenziamento di una dipendente di una srl, che lavorava a tempo parziale e aveva rifiutato il passaggio al full time.

 La dipendente, che lavorava part time effettuando venti ore settimanali, aveva impugnato il suo licenziamento, motivato dal fatto che era stata cancellata la sua posizione lavorativa part time ed essa aveva rifiutato la proposta della srl di trasformazione del rapporto a full time. La Corte d’Appello aveva dato ragione alla dipendente, ordinando il suo reinserimento nel vecchio posto di lavoro, dichiarando l’illiceità del licenziamento dovuto al rifiuto di accettare la trasformazione del rapporto da part time a tempo pieno. La srl ricorreva, dunque, in Cassazione, ma questa le ha dato torto, sottolineando che l’articolo 8 del Decreto legislativo numero 81/2005 pone al centro dell’attenzione la necessità di equilibrare e conciliare i diritti e gli interessi dei lavoratori con quelli dei datori di lavoro. Di tal che la motivazione del licenziamento non può derivare direttamente dal rifiuto in sé, ma deve essere basata sull’impossibilità, da parte dell’azienda, di sfruttare adeguatamente la prestazione del lavoratore o della lavoratrice a tempo parziale. E, infatti, prosegue la Corte, secondo il Decreto legislativo citato, il licenziamento di un dipendente per il solo rifiuto di accettare il passaggio al tempo pieno non è legittimo, occorrendo una idonea e attendibile motivazione sulla impossibilità di continuare a usufruire della prestazione a tempo parziale.

Precisa, poi, la Cassazione che sono richieste non solamente la prova delle ragioni effettive che giustificano il cambiamento dell’orario, ma anche la dimostrazione dell’impossibilità di utilizzare diversamente l’esecuzione della prestazione lavorativa con orari differenti. Quest’ultimo elemento è fondamentale per costituire un giustificato motivo oggettivo del licenziamento.

Occorrono, dunque, effettive necessità economiche e organizzative che rendano impossibile il mantenimento in vita del contratto di lavoro a tempo parziale tra dipendente e azienda.

 

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