Lavorare in farmacia oggi sembra meno attrattivo e così si fa fatica a trovare nuovi collaboratori. Il titolare deve, quindi, impegnarsi ad attrarre competenze, imparando a personalizzare il pacchetto offerto al personale. Ecco come operare agendo sia sulle iniziative welfare, sia operando sul piano retributivo
Complessità, imprevedibilità, fluidità e difficoltà sono oramai elementi strutturali di ogni mercato. La farmacia, chiaramente, non si esime da queste caratteristiche e negli ultimi anni il settore ha dovuto attraversare moltissime sfide e cambiamenti, alcuni esogeni (pandemia Covid, per esempio, cambiamenti normativi e sviluppi di nuovi player, come quello delle parafarmacie) ed endogeni (forte disamoramento a fronte di un mancato riconoscimento delle competenze e responsabilità, retribuzione non adeguata, poco equilibrio tra lavoro e vita privata, scarse possibilità di carriera dal punto di vista professionale e così via).
Nella sfida per cercare di rimanere competitivi sul mercato, quindi, le farmacie hanno dovuto sempre più evolversi aggiungendo nuove competenze, nuovi servizi, e sviluppando così nuovi settori che prima non erano stati considerati. I grandi player del capitale, entrati oramai dal 2017 in poi con il cambio normativo, hanno avuto dalla loro parte un vantaggio a livello di capacità economiche per costruire economie di scala e sulla carta una migliore possibilità di attrarre farmacisti nei propri organici. All’inizio di questo cambiamento epocale sembrava che le farmacie private dovessero scomparire a vantaggio delle catene, che avrebbero conquistato il mercato in un colpo solo.
Le cose però, come nel resto d’Europa dove le catene erano già presenti, sono andate diversamente: acquisire una farmacia (farlo bene, senza strapagarla e riuscendo a muoversi all’interno di una strategia ben definita e non a casaccio solo per fare numero) si è rivelato più complesso del previsto. La formazione offerta ai collaboratori, e le ottime competenze a livello retail presenti a livello corporate, non hanno assicurato performance sensibilmente migliori nelle farmacie delle catene rispetto alle altre, e anche le retribuzioni non sono aumentate rispetto alla media. Di fatto anche le catene hanno dovuto scontrarsi con le difficoltà del mercato e del reclutamento dei collaboratori.
E così, la domanda che incombe sempre, in ogni articolo di rivista, o riunioni di team, o nei gruppi di lavoro è la stessa: “Come possiamo attrare farmacisti e convincerli a lavorare nella nostra azienda?”. La risposta della retribuzione fissa è troppo semplice, scontata e non valuta le estreme difficoltà di andare in questa direzione in un Paese come l’Italia, dove la tassazione sul lavoro incide molto, sia all’interno della busta paga di ogni lavoratore, sia sul bilancio di ogni azienda. È sicuramente un punto importante di partenza, e dove si dovrà puntare, ma è necessario percorrere anche altre strade, che possano aumentare il potere d’acquisto dei dipendenti, senza impattare troppo sui precari bilanci della proprietà delle farmacie/catene.
La strada del welfare
Con welfare si intende quell’insieme di tutte le iniziative, benefit e piani messi in atto dal datore di lavoro per migliorare la qualità lavorativa e di vita del dipendente, al netto della retribuzione già erogata, come per esempio: assicurazioni di vario genere, bonus nido, buoni pasto, benzina e così via). Lo strumento ha un importante vantaggio: se voglio dare 100 euro di aumento a un mio collaboratore, conoscendo com’è la tassazione in Italia, per fare in modo che arrivino effettivamente nelle tasche del dipendente dovrò affrontare un costo reale sicuramente maggiore, spesso doppio rispetto a quei 100 euro ipotizzati. Se, invece, offro 100 euro in welfare, dove per esempio il dipendente può acquistare prodotti e servizi su una piattaforma digitale, quei 100 euro saranno effettivi e non tassati, portando un vantaggio non soltanto al collaboratore, ma anche alla proprietà in termini di costo dell’operazione. Ovviamente non sono soldi cash, è vero, ma rimane comunque sia un buon compromesso in termini di fattibilità reale.
Lo strumento, come abbiamo detto, non è perfetto e presenta dei limiti: più il contesto aziendale è grande e più l’azienda è portata a uniformare la proposta di beni e servizi da proporre ai collaboratori, dato che risulta complesso per le grandi aziende gestire le singole esigenze del dipendente e creare sistemi di welfare ad hoc. Ecco, quindi, che le farmacie private possono distinguersi e creare delle leve di ingaggio ulteriore nei confronti dei farmacisti: la piccola farmacia non potrà di certo competere con le grandi catene in termini di proposta di welfare, ma può sicuramente mettersi in ascolto delle singole persone con più facilità e agilità, soffermandosi meglio su che cosa vogliono realmente i collaboratori, quali sono le loro reali esigenze, e creare di conseguenza proposte specifiche di welfare, che possano impattare di più e meglio sulle vite dei farmacisti dipendenti.
Occhio anche alla retribuzione
Torniamo un attimo anche al tema retributivo. Considerato che la retribuzione prevista dal Ccnl di riferimento non soddisfa le aspettative dei lavoratori, risulta allora prioritaria anche qui una riflessione seria sulle possibilità e modalità di aumento dello stipendio dei collaboratori. Questa è una via più difficile, ma che può essere gestita puntando sulla modifica della parte variabile dello stipendio, erogata a fronte di obiettivi quantitativi e qualitativi di tutto il team. In questo caso va sottolineato come le catene possano operare in base a griglie retributive, che tendono a uniformare gli stipendi ai ruoli (direttore, farmacista, ecc.), a prescindere quindi dalle dimensioni della farmacia e del lavoro che viene svolto, mentre il titolare è più libero di modificare le retribuzioni, agganciandole alle performance dei collaboratori e, soprattutto, legandole all’andamento del mercato esterno.
Ecco quindi che si delinea un campo d’azione dove l’esito non è scontato. La grandezza di una catena può portare molti vantaggi in termini di ingaggio, attraction e retention dei collaboratori, ma la farmacia privata può (e deve) dire la sua, capendo prima quali siano i punti di forza su cui puntare, e poi comunicando in maniera efficace tali elementi sul mercato.
Tutto questo è pero possibile solamente se la proprietà della farmacia si rende consapevole dell’importanza di indagare, in maniera costante e regolare, come il team stia vivendo le proprie funzioni all’interno della farmacia, quali siano le motivazioni dei dipendenti (che cambiano nel corso del tempo), i loro personali bisogni e come questi possano essere compatibili con gli obiettivi di business dell’azienda.
La sfida è aperta e il risultato non è scritto.