Il farmaco è il rimedio più utilizzato da chi cerca di alleviare il dolore cronico e, quindi, il farmacista deve conoscere a fondo il problema, per intervenire con competenza e professionalità. Ecco chi ne soffre, dove e come, quale ne sono le cause scatenanti e quali le conseguenze, soprattutto i giudizi che sono stati espressi dagli intervistati
Il dato è rilevante e, quindi, merita particolare attenzione: “9,8 milioni di Italiani soffrono di dolore cronico di intensità moderata o severa”. È quanto risulta dalla ricerca Censis-Grùnenthal “Vivere senza dolore – il significato sociale del dolore e le aspettative di soluzioni efficaci”, che offre una ricca serie di dati, consentendo un dettagliato identikit dell’italiano che soffre. Permette, infatti, d’individuare come si presenta il dolore, le principali patologie che lo determinano, le conseguenze nella vita sociale, la cura, gli interlocutori a cui maggiormente i pazienti ricorrono. Precisiamo che la ricerca ha riguardato un campione di 500 persone selezionate con le seguenti specifiche caratteristiche:
- un dolore che dura da almeno tre mesi
- l’intervistato ha avuto almeno un episodio al mese negli ultimi tre mesi
- una intensità del dolore almeno 5 su una scala da 0 (nessun dolore) a 10 (massima intensità).
Chi sono gli italiani con dolore – Sono il 21,1% degli adulti (35-64 anni), il 20,9% degli anziani (65 anni e oltre) e il 14,7% dei giovani (18-34 anni) e, in generale, più donne (21,2%) che uomini (18,1%). C’è, quindi, una diffusione traversale del dolore, che si differenzia però per le principali caratteristiche socio demografiche tipo classi di età, sesso, ecc. Inoltre, nel giro di un mese c’è sempre un ritorno del male in tutti i nostri intervistati, con modalità che differiscono in rapporto all’età delle persone. In circa due terzi degli anziani il ritorno è giornaliero, mentre in poco meno della metà dei giovani e degli adulti il dolore si fa sentire con una cadenza minore, ma pur sempre più volte alla settimana. La frequenza è più rara nel 20% degli intervistati, in particolare in circa un terzo dei giovani.
Dove il dolore si manifesta – Prevalentemente nella schiena: parte bassa/infreriore (30,5%) e nelle parte alta superiore (15,6%), seguita dal collo (16,7%), in particolare nei maschi (19,8%). Il 13,2% dei pazienti si lamenta del dolore al ginocchio, il 12,7% ha il mal di testa (più le donne che gli uomini) e nel 12,6% è localizzato nella zona della spalla. Nelle donne vengono colpiti specialmente gli arti, quali la gamba (12,5%), il piede (10%), l’anca (8,0%), mentre in entrambi i sessi il dolore si fa sentire lungo le braccia (6,4%). Esiste dunque un’ampia varietà nella localizzazione del dolore, e le cause nella maggior parte dei casi (50,8%) sono da attribuire a patologie e, per un quarto delle persone, a traumi fisici (incidenti, chirurgia, ecc.), in particolare nei giovani (32,4%). Poco meno di un terzo dei sofferenti non sa riasalire alla causa scatenante.
Quali le cause scatenanti – Ma quali sono le patologie che determinano il dolore? L’artrosi è la più diffusa e colpisce in particolare gli anziani (30,3%) mentre è presente solamente nel 3,1% dei giovani. Poi c’è l’ernia del disco, più citata dagli adulti (23,4%) che dai giovali (6,2%) e dagli anziani (8,1%), mentre l’emicrania è più tra i giovani (17,8%) e gli adulti (18,5%) che negli anziani (4,1%), come pure è meno frequente in questi ultimi la sciatica (4,4%), che invece è più diffusa tra gli adulti (13,5%). L’artrite è presente in circa l’8% in tutti e tre i gruppi, l’artrite reumatoide è leggermente più estesa tra i giovani (9,8%), come la cefalea a grappolo o di tipo intensivo (10,3%), poco conosciuta invece tra gli anziani (2,9%), come pure la scoliosi (4,1%) e la fibromialgia. Queste due ultime sono più tipiche dei giovani (7,2% nel primo caso e 9,8% nel secondo) e negli adulti (7,2% e 8,3%).
Quali le conseguenze del dolore – Sul benessere psico-fisico della persona sono molteplici i disturbi che si riflettono sulla qualità della vita e, conseguntemente, sul suo modo di reagire, in rapporto sia alla gravità, sia alla frequenza del dolore. Le principali difficoltà che rendono problematico il vivere quotidiano con la malattia sono:
- Sollevare oggetti 60,2%
- Svolgere attività fisica/ginnastica 59,3%
- Dormire, qualità del sonno 50,5%
- Passeggiare, mobilità in generale 49,0%
- Svolgere faccende domestiche 48,5%
- Partecipare ad attività sociali 36,8%
- Guidare l’auto 23,6%
- Gestire relazioni con amici e familiari 23,2%
- Relazioni sessuali, desiderio sessuale 22,7%
- Vestirsi, lavarsi, ecc. 22,6%
- Alimentazione 18,6%
Si comprende, quindi, come la presenza del dolore possa avere conseguenze sui ritmi operativi. Per il 40,6% dei lavoratori esso ha determinato sia la messa in malattia (35%), sia la richiesta di permessi per recarsi dal medico (30,8%). Inoltre il disturbo ha comportato una diminuzione del rendimento, qualcuno ha ridotto l’orario di lavoro o ha cambiato le mansioni, con minore opportunità di carriera e cosi via.
Il ruolo del farmaco – Ma come si reagisce al dolore? Il rimedio maggiormente adottato quando si è al lavoro è il ricorso al farmaco, indicato dal 78% dei lavoratori. “I farmaci sono lo strumento terapeutico primario per combattere il dolore cronico di intensità moderata o severa”, e sono costantemente presenti nella vita quotidiana dei sofferenti perché sono “la risposta sanitaria di più agevole utilizzo e con buona efficacia operativa” (Censis). Sette sofferenti su 10 affermano di utilizzare farmaci, che ritengono efficaci per il 90% (il 18% completamente efficaci, 72% abbastanza efficaci). Prendono farmaci più le donne (72,3%) che gli uomini (67,8%), più gli adulti (78,8%) che i giovani e gli anziani (60,3%).
Inoltre, per cercare di alleviare il dolore diversi pazienti (48,9%) ricorrono, oltre ai farmaci, a unguenti/creme/gel e il 45,6% agli integratori alimentari/vitamine (il 51,5% dei giovani e il 27,7% degli anziani).
Quali i principali interlocutori – Il 75,9% dei malati parla del proprio dolore con almeno un operatore sanitario, ponendo in prima istanza il medico di medicina generale (59,9%), seguito dal medico specialista (32,1%) e dal farmacista (15,2%). Del dolore se ne parla anche in famiglia con il proprio partner (42,9%) e con i parenti, gli amici e i colleghi. È una situazione, quindi, che coinvolge non soltanto la vita della persona nel suo quotidiano e gli operatori sanitari chiamati a intervenire, ma anche i rapporti familiari e sociali.
Il giudizio dei pazienti
Interessante anche registrare come gli intervistati giudichino gli interventi sia sociali, sia soprattutto sanitari, nei confronti della loro situazione. Si è così cercato di capire che cosa ne pensano i pazienti del sistema di cura. Circa tre quarti della persone con dolore cronico moderato o severo ritiene che nella nostra società la patologia sia sottovalutata, in particolare oltre 8 giovani su 10. Conclude il Censis: “Non sorprende che la maggiranza dei malati senta un senso di profonda solitudine, e anche se tendono a parlare della patologia con interlocutori sanitari o con familiari o amici, prevale la senzazione di non essere compresi, vittime della propensione sociale a sminuire gli effetti della loro situzione, considerata come un disturbo che le persone devono cercare di vincere con le proprie forze, al limite con il supporto del farmaco o poco più”. Certo, la maggioranza degli intervistati dichiara di riuscire a tenere gli effetti del dolore sotto controllo, e questo è la riprova dell’efficacia dei molti analgesici a disposizione, ma la vastità del fenomeno richiede maggiore considerazione e più efficaci interventi. Ampio, quindi, lo spazio che in questo ambito il farmacista può ricoprire, dedicando attenzione, consiglio e supporto al paziente che accusa dolore.