L’Italia è tra i Paesi europei -afferma l’Aifa- con i maggiori consumi e con i tassi più elevati di resistenza e multi-resistenza (resistenza cioè di un batterio ad almeno quattro antibiotici di classi diverse).
Pensiamo che prima della metà del secolo scorso, il 90% delle persone moriva di polmonite pneumococcica -come ricorda il professor Matteo Bassetti dell’Università di Genova nel libro “Il mondo è dei microbi”- mentre oggi la mortalità si attesta attorno al 5%”.
L’antibiotico rappresenta, quindi, una scoperta fondamentale per la medicina, che obbliga però ora alla ricerca di farmaci sempre più potenti e, insieme, a un’attenzione particolare per evitarne gli abusi.
L’Aifa precisa che nel 2022 il consumo di antibiotici -venduti dalle farmacie e dalle strutture pubbliche- è stato pari a 21,2 Ddd/1.000 abitanti al giorno, di cui poco più di due terzi attraverso l’assistenza convenzionata (Ddd 14,4, pari al 67,9%), un altro 5,1 Ddd, pari al 5,1% avvenuto per acquisto privato di fascia A, mentre un ultimo 1,7 Ddd/1.000 abitanti, pari all’1,7% dei consumi totali, è passato attraverso le strutture sanitarie pubbliche.
Va però tenuto presente che questi dati si riferiscono all’anno legato all’epidemia Covid, proprio quando il trend di riduzione dei consumi di antibiotici in Italia ha invertito la tendenza alla riduzione, poi nuovamente ripresa a partire dal 2023. Negli ultimi 10 anni, infatti, il consumo in Italia di antibiotici in convenzione è risultato in calo, a eccezione appunto del 2022, anno in cui si è registrato un balzo in avanti del 25% rispetto al 2021 (vedasi tabella).
L’andamento dei consumi
Gli aumenti più rilevanti si sono manifestati nelle associazioni di penicilline (in particolare amoxicillina+acido clavulanico), che rappresentano circa un terzo delle prescrizioni, nei macrolidi e lincosamidi e nelle cefalosporine di terza generazione. In particolare, sempre nel 2022 tre persone su 10, tra i bambini fino ai 4 anni e tra gli over 75, hanno ricevuto una prescrizione di antibiotici, con una prevalenza delle donne rispetto agli uomini. L’età mediana dei pazienti è stata di 53 anni, per un trattamento di due settimane, mentre il 40,7% dei pazienti ha ricevuto una sola prescrizione l’anno.
Ma arriviamo ai giorni nostri.
I dati più recenti arrivano da Pharma Data Factory (Pdf), che raccoglie i dati sell-out delle farmacie con una copertura pressoché censuaria, che ci offre un raffronto con le vendite in farmacia dell’ultimo biennio. Nell’anno mobile terminante a maggio 2024 (giugno 23-maggio 24) sono stati dispensati 87,9 milioni di confezioni, per un valore di 736 milioni di euro. Viene così confermato il trend di consumo discendente registrato nel periodo pre-Covid, con una riduzione rispetto al 2023 (giugno 2022-maggio 2023), del -5,2% in quantità e del -5,4% in valore.
A questo generale decremento fanno però eccezione i consumi registrati nell’età pediatrica (0-14 anni), l’unica che dà risultati positivi (+1,4%), mentre il resto della popolazione segna decrementi di consumo, che vanno da un minimo del -4% nella fascia 35-49 anni, a un massimo del -8,3% nei giovani (15-24 anni) e -5,3% nella fascia 65-74 anni.
Il mercato nell’età pediatrica
Soffermiamoci allora ad analizzare il mercato degli antibiotici in età pediatrica, quello che registra costanti incrementi. I farmaci qui più usati sono le penicilline ad ampio spettro: 6 confezioni su 10 sono di questa classe di antibiotici, 2 sono cefalosporine e poco meno (1,7) sono macrolidi e simili. Le rimanenti 8 classi terapeutiche fanno dei fatturati molto modesti (antibatterici, aminoglicosidi, fluorochinoloni, tetracicline e combinazioni, timetoprin e formulazioni simili, rifampicina/rifamicina, penicilline a spettro). In particolare, le prime tre classi terapeutiche fanno il 98% delle vendite in quantità (Mat 2024), le altre 8 il 2%. I più attivi tra i primi 3 gruppi sono le cefalosporine, con una crescita in volume del +3.3% e le penicilline ad ampio spettro (+1,3%), mentre stabili risultano i macrolidi (-0.1%). Infine le altre 8 classi terapeutiche risultano prevalentemente in contrazione, a eccezione di rifampicina/rifamicina (+34,3%) e le penicilline a spettro medio e stretto del (+24,7%).
Va poi precisato che gli antibiotici, per tre quarti delle vendite, sono dispensati dalle farmacie in regime di assistenza convenzionata, un quarto attraverso l’acquisto privato, mentre in età pediatrica la quasi totalità delle richieste (93%) è a carico del Sistema sanitario nazionale, provenienti da prescrizioni di medici di medicina generale o di pediatri.
La maggior parte delle vendite dei farmaci antibiotici risultano essere branded (73%), il 27% sono unbranded/Inn (nome di molecola + nome azienda). Il prodotto branded risulta ancor più richiesto per i ragazzi/e al di sotto dei 14 anni, raggiungendo l’83% delle quantità acquistate, 10 punti percentuali in più della media degli acquisti della popolazione italiana.
Vendite pro capite per aree geografiche
Un terzo delle confezioni di antibiotici per la fascia pediatrica è stato richiesto nel Sud-Isole, dove vive il 34,5% della popolazione al disotto dei 14 anni, il 28% nel Nord-Ovest (26,6% di popolazione), il 21,7% nel Centro (19,2% di popolazione) e il 17,3% nel Nord-Est, con il 19,6% della popolazione di riferimento. Se raffrontiamo il venduto al totale della popolazione pediatrica residente notiamo che, nel periodo giugno 23-maggio 24, il consumo pro capite di antibiotici di un giovane è stato di 1,06 confezioni, con variazione significative per aree geografiche. La maggior richiesta pro capite si è registrata nel Centro Italia (indice 1,20), ottenendo queste differenze nelle quattro regioni che lo compongono: Umbria (1,42), Marche (1,23), Toscana (1,18) e Lazio (1,17). Segue il Nord Ovest (1.12), con maggiori consumi in Lombardia (1,22), la regione con oltre 1 milione di ragazzi sotto i 14 anni. In media, ampie differenze si verificano nel Sud Isole (1,02), con gli indici più elevati in Abruzzo (1,47) e in Molise (1,47), mentre sotto la media risultano la Campania (0,96) e la Sicilia (0,86). L’area geografica con consumi più ridotti è il Nord-Est (0,94): nel Trentino è stato venduto meno di un pezzo per abitante (0,79), come pure in Emilia Romagna (0,85); solamente nel Veneto (1,01) e nel Friuli V.G (1) i quantitativi di antibiotici venduti nell’età pediatrica sono pari alla popolazione appartenente alla classe pediatrica.
In conclusione
Continua in Italia il trend negativo dell’uso degli antibiotici in questi ultimi anni (eccetto, come visto, nell’età pediatrica), decremento peraltro auspicato dalle principali organizzazioni sanitarie -in primis Oms, Ema, Aifa e ministeri della Sanità- per cercare di tamponare gli effetti nefasti dell’antibiotico resistenza. Si calcola, infatti, che nel 2050 essa sarà responsabile di 2,4 milioni di morti soltanto nell’area Ocse, con un impatto sull’economia pari a 3,5 miliardi di dollari l’anno, e un costo cumulativo di 120 trilioni di dollari, una catastrofe dunque per la tenuta dei conti sanitari. Ma già oggi sono circa 33mila le persone che ogni anno muoiono in Europa per infezioni causate dalla resistenza ai batteri (circa 11mila in Italia), con un impatto di circa un miliardo e mezzo di euro sul Ssn e in termini di perdita di produttività.
Così, i farmaci che cento anni fa avevano salvato milioni di persone, sconfiggendo infezioni che causavano più morti di una guerra, ora sono oggetto di studi approfonditi per cercare di rinverdirne l’efficacia. Le nuove frontiere della ricerca, soprattutto l’accelerazione scientifica e tecnologica favorita dall’intelligenza artificiale, dalla ricerca tanto nel Dna come nello spazio e dai nuovi modelli di trial clinici fanno ben sperare nella scoperta di nuovi rimedi, in una prospettiva One Health che punta al rispetto della salute sia delle persone, sia del pianeta.