Conto corrente e anagrafe bancaria

Per limitare l’evasione, l’Agenzia delle entrate intende utilizzare maggiormente questo strumento, che contiene tutte le informazioni relative ai movimenti bancari, anche un semplice prelievo o cambio valute. Ecco come i titolari possono dimostrare il proprio buon operato

Il fisco utilizza le banche dati per ottenere informazioni sempre maggiori sulla condotta dei contribuenti. Con la nostra esperta, Paola Castelli, analizziamo le probabili future mosse dell’Amministrazione finanziaria e il comportamento preventivo del contribuente.

In cosa consiste l’Anagrafe bancaria e qual è il relativo utilizzo?

L’Anagrafe bancaria o meglio l’Archivio dei rapporti con operatori finanziari è un’apposita sezione dell’Anagrafe tributaria, una banca dati contenente le informazioni relative:
– ai conti correnti e agli altri rapporti finanziari di cui un contribuente è titolare o può disporre a fronte di deleghe o procure a operare (“sezione anagrafica”);
– alle movimentazioni contabili in forma aggregata, al saldo iniziale, al saldo finale e, per alcune tipologie di conto, al valore medio di giacenza, che interessano in un anno solare ciascun rapporto continuativo, nonché alle operazioni “extra-conto”, vale a dire effettuate al di fuori di un rapporto continuativo con l’intermediario finanziario (“sezione contabile”).

L’Agenzia delle entrate intende oggi utilizzare maggiormente tale archivio, rimasto per anni in un apparente letargo, incrociando le informazioni in esso presenti con le informazioni desumibili da altre banche dati a sua disposizione e ricorrendo anche a tecniche di intelligenza artificiale. Lo scopo non è proprio una sorpresa di Natale, ma continua a essere l’analisi del rischio di evasione fiscale riconducibile al singolo contribuente e l’emersione dei soggetti da sottoporre a controllo ovvero nei cui confronti avviare un’attività volta a spronare l’adempimento spontaneo.

Questo a grandi linee sul fronte Amministrazione finanziaria, ma passiamo agli interlocutori “operatori finanziari”. Il D.l. 201/2011 (decreto “Salva Italia”) ha previsto l’obbligo per tali soggetti (istituti di credito, intermediari finanziari, istituti di moneta elettronica, imprese di investimento, Poste Italiane, organismi di investimento collettivo del risparmio, società di gestione del risparmio, fiduciarie e altre) di comunicare periodicamente all’Anagrafe tributaria (per le informazioni relative all’anno 2023 la scadenza è il 31 dicembre 24) le informazioni sui saldi e sulle movimentazioni dei rapporti attivi nonché qualsiasi informazione relativa a tali rapporti necessaria ai fini di indagine.
Quanto sopra è sottoposto allo sguardo attento del Garante per la protezione dei dati personali (Garante della privacy), che vigila sulle modalità di trasmissione e di conservazione dei dati.

Quindi, qualsiasi rapporto intrattenuto dal contribuente a titolo personale o nell’ambito dell’attività d’impresa svolta può rientrare nei confini di tale scambio di informazioni?

Sì. Oggetto di comunicazione da parte degli operatori finanziari possono essere i versamenti, i prelievi, le entrate, gli importi riscossi dal contribuente, la negoziazione degli assegni allo sportello, i certificati di deposito, le carte di credito e di pagamento, i finanziamenti, i fondi pensione, le gestioni collettive e patrimoniali di risparmio, le richieste di assegni circolari allo sportello con controvalore in contanti, le richieste di bonifico senza addebito in conto, gli acquisti e il cambio di valute estere senza addebito in conto, l’acquisto di obbligazioni, l’incasso di cedole, le operazioni relative ai conti transitori, i prelevamenti bancomat, gli accrediti per stipendi e pensioni, le cassette di sicurezza.
Anche il cambio di un assegno allo sportello, l’emissione o l’estinzione di carte prepagate, i versamenti o i prelievi in contanti possono essere tracciati.

Altro che Grande Fratello! Cosa può consigliare ai titolari in modo da dimostrare il loro buon operato?

I titolari sono contribuenti da sempre diligenti, trasparenti e in buona fede.
Tuttavia, per ottenere un voto da “secchioni”, è sempre bene studiare e ripassare nell’ottica del proverbio “prevenire è meglio che curare”. Infatti, la cosa migliore che il titolare possa fare nell’ambito della gestione del proprio conto corrente, personale e aziendale, è essere sempre in grado di dimostrare, con prova documentale, la provenienza di tutte le somme versate sul conto corrente e la causale di ogni prelievo effettuato, evitando così che l’Amministrazione finanziaria ritenga che tali movimentazioni del conto corrente siano dovute a operazioni in nero.

A prescindere dall’entità giuridica attraverso la quale è gestita la farmacia o le farmacie -e, quindi, anche indipendentemente dalla relativa tempistica di ripartizione degli utili- la quota di utili deve essere distribuita ai collaboratori familiari o ai soci pro quota in base ai relativi diritti.
Anche nel costituire una società, che assumerà la titolarità di farmacia/e, è necessario essere lungimiranti e definire a priori le quote di ripartizione degli utili tra i soci, qualora, per vari motivi, esse debbano essere diverse dalle quote di partecipazione sociali.

È opportuno ricorrere il più possibile allo strumento del bonifico bancario o all’emissione di assegni bancari non trasferibili affinché sia possibile provare facilmente la causale dell’accredito e dell’addebito. I prelievi i contanti non devono essere effettuati sui conti correnti aziendali, ma esclusivamente sul conto corrente personale per fare fronte alle piccole spese della famiglia.

Ultimo pensiero, limitandomi a questo S. Natale che, comunque, resta valido anche per il nuovo anno e seguenti: cari lettori, cercate di essere sempre e, come sempre, precisi in tutto, in modo da affrontare il Natale in armonia e l’anno che verrà con serenità.
Buon Natale e felice 2025 a tutti voi!

(Farma Mese n. 10-2024 ©riproduzione riservata)

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