L’invito a “performare” -il claim scelto quest’anno da Cosmofarma Exhibition 2025- è senza dubbio seducente, perché stimola non soltanto al fare, ma soprattutto al misurare la propria attività, a dare cioè il giusto valore alla qualità e quantità delle azioni intraprese. È un invito, quindi, a quanti (speriamo tanti) sono impegnati a “rinnovarsi”, a dare sostanza alla propria fantasia e determinazione, per esempio, verso quella Farmacia dei servizi, molto decantata, ma ancora alquanto limitata.
Il recente VII Rapporto annuale sulla farmacia, elaborato da Cittadinanzattiva in collaborazione con Federfarma, indica un aumento delle farmacie impegnate nei nuovi servizi, ma ai loro contenuti bisogna aggiungere qualità e quantità, perché la farmacia può offrire molto di più per proporsi come primo presidio territoriale del Ssn. La telemedicina e le nuove applicazioni digitali, infatti, stanno aprendo tutta una serie di opportunità, sia nel campo della prevenzione e screening, sia in quello dell’aderenza terapeutica e presa in carico del paziente, che possono rientrare a pieno titolo nella sua sfera professionale, e fare così della farmacia un vero punto di riferimento sanitario sul territorio. Certo, si tratta di alzare l’asticella, di un impegno forte e determinato, ma il farmacista “samurai” (rubiamo la metafora al bel convegno tenutosi a Lamezia Terme) ha dimostrato durante la pandemia -soprattutto nel confronto con altri- di averne la capacità e la volontà.
C’è un dato recente che va ora ben considerato: secondo il monitoraggio fatto dall’Agenas a fine 2024, su 1.717 Case della comunità solamente 485 offrono almeno un servizio attivo. Ma quelle che dispongono di tutti i servizi obbligatori alla presenza sia medica, sia infermieristica sono soltanto 46, appena il 3% (118 quelle con i servizi, ma senza sufficienti medici e infermieri). Triste bilancio, eppure, dovrebbero essere proprio queste le strutture ideate e finanziate con il Pnrr, capaci di deospedalizzare la sanità e di favorire il decentramento dei servizi sul territorio.
Strutture peraltro a maglia larga, visto che ogni Casa della comunità dovrebbe coprire i bisogni di 40-50.000 residenti. Pensate allora che sia possibile proporre una capillare distribuzione territoriale della sanità senza le farmacie? E senza -aggiungiamo noi- gli ambulatori dei medici di medicina generale, che speriamo sappiano riconquistare gli antichi splendori e con i quali è necessario interfacciarsi. Soprattutto, ma non solo, nelle aree interne del Paese che, non dimentichiamolo, rappresentano il 58,8% della superficie nazionale.
Rispetto alle reazioni dei vertici delle organizzazioni mediche, impegnate in una difesa di orticelli spesso pretestuosi e anacronistici, sappiamo che sul territorio la collaborazione tra medici, farmacisti e infermieri è spesso abituale e proficua. È proprio questa la base da cui partire per realizzare un efficace e concreto decentramento dei servizi, con professionisti impegnati più a fare, e alla qualità e quantità dei servizi da offrire, proprio all’insegna di quel “performare”, che a Bologna ci è stato indicato.
(editoriale di Lorenzo Verlato, Farma Mese n. 4– 2025 ©riproduzione riservata)