L’editoriale – L’importanza dei “Big data” della farmacia

Li chiamano “big data” e sono considerati l’oro e il petrolio dei nostri tempi. Sono, infatti, la chiave per ottenere informazioni su fenomeni e comportamenti necessari per elaborare strategie operative. E questo riguarda anche il mondo del farmaco, da sempre importante ma finora statico, ultimamente però rivitalizzato da una grande novità.

Finora i big data del farmaco, infatti, proponevano ricerche legate al “sell-in”, cioè all’ingresso dei prodotti in farmacia, ma ora, con l’articolo 34 del Dl 73/2021, vengono per legge elaborati i dati di “sell-out”, che fotografano l’effettivo utilizzo di questi prodotti. Quindi, dati precisi sui consumi reali (pressoché censuari: 95% del mercato), che arrivano a Federfarma (tramite Promofarma) e i cui elaborati deve poi fornire alle Istituzioni (in primis ministero della Salute, Aifa, Ssn, ecc.), per consentire di elaborare strategie sanitarie. E questo è già un primo obiettivo rilevante: a governare i dati è importante siano chi i dati li produce, cioè i farmacisti.

Ma la cessione a Promofarma da parte delle farmacie non è soltanto un obbligo normativo: rappresenta un’occasione per tutta la categoria, perché offre l’opportunità di colloquiare con le Istituzioni e far loro capire come il valore delle farmacie non stia più soltanto nei metri quadrati delle sue vetrine o nei prodotti sugli scaffali, ma anche nei dati che genera.

Ma non solo. L’elaborazione censuaria del sell-out e la sua gestione sindacale offre indubbie opportunità anche economiche a Federfarma -quindi ai titolari di farmacia- perché diventano moneta di scambio per negoziare il proprio peso specifico all’interno del sistema sanitario. Innanzitutto, riesce così a far fronte ai costi di elaborazione e gestione dei flussi istituzionali, cui è obbligata per legge, senza dover ricorrere agli associati che dovessero negare il consenso all’uso sindacale. Inoltre, riesce poi a ripartire tra le Unioni regionali e le Associazioni provinciali il finanziamento ottenuto dalla loro commercializzazione, consentendo di sostenere struttura e personale, senza far lievitare il costo delle quote associative.

Suscitare dubbi o sospetti su questa attività, fatta alla luce del sole e gestita direttamente dai farmacisti, implica di conseguenza un comportamento non soltanto miope, ma anche antisindacale, perché finirebbe con il danneggiare la singola farmacia, chiamata a partecipare alle spese di elaborazione dei dati, ma soprattutto colpirebbe le Organizzazioni territoriali di Federfarma, quindi le strutture sindacali a difesa della categoria. Vale la pena ricordare che le aziende partner di Federfarma, che garantiscono costanti e proficui finanziamenti, hanno ricevuto negli ultimi 25 anni circa 70-80 milioni di euro (nel solo 2024 gli introiti derivanti dalla cessione dei dati hanno superato ampiamente i 3 milioni di euro).

Poter disporre di analisi censuarie sui reali consumi dei farmaci consente, infine, di fornire al sindacato specifiche analisi di mercato e di benchmarking, utili per elaborare tattiche e strategie politiche ed economiche. Così, i dati di dispensazione della farmacia, forniti garantendo la massima anonimità, non sono più un segreto da custodire gelosamente, ma uno strumento per rafforzare la voce della categoria. Boicottarlo equivale a depotenziare il ruolo stesso della farmacia nella sanità nazionale.

(di Lorenzo Verlato, Farma Mese N. 3-2025 ©riproduzione riservata)

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