Non è affatto facile fare il farmacista, tra burocrazia, competenze gestionali e manageriali, comunicazione. Ma se continuiamo a coltivare il motivo principe della nostra vocazione professionale, allora sicuramente faremo sempre meglio. Quali le doti richieste? Autoconsapevolezza, empatia e ascolto attivo
Oggi siamo abituati a sentire parlare di noi in modi diversi. Da un lato la figura professionale del farmacista che, grazie al grande lavoro svolto per la comunità durante la pandemia del Covid-19, ha un raggiunto nuovo valore sociale e professionale e ha ora davanti nuove sfide che pongono la nostra figura al centro di una trasformazione importante e necessaria per rispondere alle necessità della comunità. Dall’altro, sentiamo spesso parlare di una professione in crisi di vocazione, di un professionista in cerca d’autore, per trovare la propria identità professionale tra soddisfazione economica, evolutiva e formativa. La nostra idea è quella di fermarsi a parlare in questo articolo di un aspetto fondamentale e spesso dimenticato del nostro ruolo, ovvero il valore umano e professionale del farmacista.
Perché non siamo soltanto professionisti, ma prima di tutto persone con le proprie emozioni e i propri stati d’animo, che si trovano quotidianamente a interagire proprio con le emozioni e stati d’animo dei pazienti, talvolta non semplici da gestire.
Il farmacista è il primo punto di riferimento per le necessità di salute quotidiane più o meno rilevanti: se un paziente ha un dubbio, una preoccupazione, una necessità sanitaria, può chiamare, può scrivere, può scendere sotto casa per avere un’informazione, rassicurazioni, indicazioni su cosa fare per gestire il suo problema di salute e, quasi sempre, trova da questo professionista una risposta adeguata alle sue necessità. La farmacia è, poi, il primo punto di accesso al servizio sanitario nazionale, il primo presidio sanitario dislocato sul territorio, facilmente accessibile, sempre disponibile ed è proprio vero: una farmacia aperta con un farmacista disposto ad aiutarci c’è sempre, a Natale, a Pasqua e anche a Ferragosto.
Strumento di nuova linea per la professione
Il ruolo di riferimento per la gestione della salute e benessere diventa, poi, ancora più importante per le persone anziane, sempre più numerose in Italia e destinate a crescere ancora, vista la tendenza all’invecchiamento della popolazione tipica delle società benestanti. Oggi ci troviamo a interagire con la “generazione silenziosa”, che ha poca confidenza con la tecnologia e con tutte le novità amministrative/operative che ci siamo ritrovati a gestire in farmacia, basti pensare alla ricetta dematerializzata, alle prenotazioni per le analisi, all’attivazione della tessera sanitaria, alla gestione dei piani terapeutici e via dicendo. La situazione migliora con la “generazione boomers”, ma si parla sempre di persone nate in età analogica e non digitale, che si trovano ancora spesso disorientate in assenza del pezzo di carta e che si affidano totalmente alle mani del farmacista.
Ecco allora che il camice bianco diventa, per gli anziani, un punto di riferimento non solamente sanitario, ma anche emotivo: è colui che ha visto le persone crescere, maturare e invecchiare, che conosce la storia personale e familiare di molti dei suoi pazienti e ne ha condiviso momenti belli, situazioni complesse e difficili. Per questo, il valore professionale, ma soprattutto umano del farmacista è da rilanciare, rafforzare e trasmettere, per dare una nuova linfa vitale alla nostra figura sanitaria.
Fare il farmacista è complicato e complesso, ma se vissuto con il vero senso con cui è nata la nostra professione ci possiamo ancora divertire, scoprendo ogni giorno cose nuove e affrontando le difficoltà quotidiane, perché ancora oggi il sorriso di un paziente e lo sguardo sereno di un anziano che hai aiutato, non hanno prezzo.
In farmacia, ogni giornata è diversa: quando al mattino si accende la croce verde, incomincia un nuovo capitolo della nostra storia tutto da scrivere, con nuove prove da superare, ma anche consapevoli della grande fiducia che i clienti nutrono verso la nostra figura. Le persone spesso si rivolgono a noi con problematiche di salute più o meno rilevanti e si affidano al farmacista per trovare risposte che a volte altri specialisti non gli hanno saputo dare. Si confidano con noi e così, interrogando a fondo il paziente sulla sua salute e sullo stile di vita, è possibile avere le informazioni necessarie per consigliare i trattamenti più opportuni per la sua specifica situazione.
Le soluzioni fornite non sono frutto soltanto delle nozioni che abbiamo imparato all’università (che è molto importante e resta sempre la fonte primaria della conoscenza), ma derivano piuttosto da un insieme di competenze, ascolto, esperienza e rapporto umano: tutte queste “skills” ci permettono di entrare in sintonia con la persona che abbiamo davanti per supportarla, rassicurarla e consigliarla.
Il valore umano del farmacista è, dunque, fondamentale per guidare la nostra evoluzione e lo sviluppo professionale: l’attitudine verso il prossimo è uno dei pilastri della nostra scelta o vocazione professionale. Le abilità relazionali sono, pertanto, competenze necessarie per costruire una relazione significativa e professionale, volta a favorire l’ascolto e il confronto e ad aiutare il paziente a modificare il proprio stile di vita e a fare scelte per lui più salutari. Diventa oggi più che mai fondamentale possedere, in questo ruolo, l’autoconsapevolezza, l’empatia e l’ascolto attivo.
Inoltre in nessun corso universitario ci viene insegnato a “smanettare” con gli smartphone, eppure oggi siamo diventati esperti di telefonia per andare alla ricerca della “ricetta perduta” tra sms, mail e whatsapp; in nessun esame ci hanno mai chiesto la perizia calligrafica, eppure oggi, oltre alla specializzazione per la comprensione della grafia dei medici, è diventata necessaria la capacità di interpretazione anche su appunti delle badanti che non parlano la nostra lingua. In tutto questo caos sta a noi trovare la giusta soluzione per risolvere un problema reale, dispensando consigli e terapie corrette, senza scambiare mele con pere. Questi sono solamente alcuni esempi della quotidianità che ciascuno di noi vive nella propria realtà di farmacista.
Per questo riteniamo che oggi sia molto importante avere all’interno di una farmacia colleghi con esperienze ed età professionali diverse, per saper rispondere alle differenti necessità umane e professionali dei molteplici pazienti che si presentano. L’esperienza di un titolare, la preparazione di un collega esperto, hanno lo stesso valore dell’energia e della freschezza di un giovane farmacista appena laureato e all’inizio del proprio percorso. Questo mix di figure è un “cocktail esperienziale professionale e personale” vincente, in quanto stimola la collaborazione tra colleghi, porta un’immagine trasversale verso tutte le fasce di età dei pazienti e, soprattutto, permette di trovare sempre un farmacista che può comprendere quella problematica perché magari l’ha già vissuta in prima persona.
Le competenze da sviluppare
Se pensiamo al nostro ruolo di farmacisti, partendo dal valore umano e dalla responsabilità personale, professionale e sociale che ogni giorno mostriamo svolgendo il nostro lavoro, abbiamo certamente fatto molta strada, ma non abbiamo ancora raggiunto la meta. Nel proseguimento del nostro viaggio, per poterlo apprezzare fino in fondo, abbiamo necessità di lavorare e di investire in modo importante su alcuni punti, come la nostra formazione, in primis, in ambito comunicazionale con i pazienti: spesso svolgiamo, infatti, un ruolo di caregiver e/o di counselor, ma in molti casi tale competenza l’abbiamo imparata sul campo.
Non è poi certamente da dimenticare la nostra continua formazione su tematiche sanitarie più attuali e l’evoluzione formativa circa i nuovi servizi erogabili in farmacia, requisiti fondamentali per fornire consulenza e supporto sanitario completo verso il paziente, al di là della mera dispensazione di un farmaco. La conoscenza tecnologica e digitale in ambito sanitario è un ulteriore capitolo da approfondire, per stare al passo con l’evoluzione digitale sempre più rapida e non farci trovare impreparati davanti al paziente che pretende da noi delle risposte certe e immediate.
In conclusione, fare il farmacista è complicato e complesso, ma se vissuto con il vero senso con cui è nata la nostra professione ci possiamo ancora divertire, scoprendo ogni giorno cose nuove e affrontando le difficoltà quotidiane, perché ancora oggi il sorriso di un paziente e lo sguardo sereno di un anziano che hai aiutato, non hanno prezzo.
(di Andrea Verniani e Diletta Martinuzzi, farmacisti nella Farmacia Boscarino, Firenze, Farma Mese N. 8-2024 ©riproduzione riservata)