Inquinamento da farmaci: allarme dall’Università di Pisa

Lo smaltimento selvaggio dei medicinali produce danni che possono essere irreparabili. Una ricerca dell’Università di Pisa, pubblicata a metà gennaio sull’autorevole rivista scientifica olandese Journal of Harzadous Materials, ha messo in luce i gravi pericoli oggi connessi allo smaltimento illegale di farmaci di largo consumo.

In particolare, gli studiosi hanno esaminato le conseguenze che può avere l’impatto di diverse concentrazioni di antinfiammatori a base di ibuprofene, allorquando vengano scaricati in mare, e hanno rilevato che ciò produce un inquinamento delle acque che danneggia sia la salute umana sia l’ambiente, dato che distrugge le angiosperme marine, che svolgono importanti ruoli ecologici. Esse, infatti, producono ossigeno e immagazzinano carbonio, supportando così la biodiversità e proteggendo anche le coste dall’erosione.
Questi effetti perdurano negli anni in quanto, come è noto, i farmaci sono progettati per essere biologicamente attivi.

Le sanzioni previste dalle vigenti leggi a carico dei responsabili di tali delittuosi comportamenti, siano essi farmacisti o persone fisiche o società, si diversificano a seconda della tipologia dei prodotti che vengono smaltiti. Le leggi che le prevedono sono: il DLgvo n. 152/2996, il Dpr n. 254/2003 e il Dlgvo n. 219 del 2006.

I farmaci scaduti, per uso sia umano, sia veterinario, sono classificati come rifiuti speciali sanitari pericolosi e in farmacia vanno depositati negli appositi contenitori. Vanno poi smaltiti mediante incenerimento (AssInde), entro un anno dalla produzione del rifiuto. Ogni Regione poi decide in ordine alle modalità di smaltimento. Tali farmaci, debbono, comunque, essere bruciati a temperatura comprese fra i 950 e i 1.000 gradi. Nel caso di smaltimento di piccole quantità di farmaci l’ipotesi di reato è prevista dall’art. 256 del Testo Unico Ambientale, rubricato colla definizione “Gestione di attività di rifiuti non autorizzata”. La pena è dell’arresto da sei mesi a due anni, oppure dell’ammenda da 2.600 a 25.000 euro, a seconda della consistenza del materiale smaltito.

Le sanzioni cambiano e sono molto pesanti nel caso che lo smaltimento riguardi più quantitativi di farmaci. In tali casi potrebbe configurarsi il gravissimo reato di disastro ambientale, previsto dall’art. 434 del Codice Penale. Il che si ha quando derivi un danno per la pubblica incolumità e la pena va da uno a 5 anni di reclusione. La Corte di Cassazione, con una decisione di qualche anno fa (sez.1 penale n. 44528 del 2019), ma i cui principi sono attuali, ha precisato che l’accumulo sul territorio e lo sversamento nelle acque di considerevoli quantitativi di rifiuti speciali pericolosi possono essere ricondotte nella fattispecie del delitto di disastro ambientale, di cui al suddetto art. 434 del Codice Penale.

(di Alfonso Marra, magistrato, Farma Mese N.3-2025 ©riproduzione riservata)

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