Nel numero di “Farma Mese” del 10 dicembre 2023 un lettore segnalava il grave fenomeno della scomparsa dalle farmacie di alcune specialità medicinali di normale consumo, a seguito dell’accaparramento posto in essere da alcuni pazienti o della insufficiente produzione da parte delle aziende produttrici. Nulla diceva per i farmaci salvavita.
Un segnale di allarme è arrivato anche da Federfarma, la quale sottolineava che, accanto ai farmaci comuni “mancanti cronici”, erano scomparsi quelli a uso pediatrico e anche i medicinali salvavita. È intervenuta anche l’Agenzia italiana del farmaco, preoccupata dalla disfunzione in materia di distribuzione e consegna dei prodotti farmaceutici per i danni che avrebbe potuto cagionare alla salute della collettività. Puntualizzava, poi, di recente, come la carenza di farmaci stia lievitando, passando da 2.500 specialità del giugno 2021 a 3.000 dei nostri giorni.
Le cause della lamentata carenza sono molteplici e vanno dall’uso sproporzionato effettuato durante il Covid all’accaparramento dei prodotti da parte di alcuni pazienti e, infine, alle mancate forniture, nei tempi convenuti, per ragioni di politica commerciale, dei prodotti richiesti dal mercato. Tali condotte commerciali, seppure non corrette dal punto di vista etico, non comportano alcuna responsabilità né per i farmacisti e neppure per le case farmaceutiche che li commercializzano.
Questo in generale, ma la situazione è ben diversa, se le carenze riguardano i farmaci salvavita. Questa categoria di specialità è individuata dall’Aifa, la quale, con provvedimento del 17 febbraio 2021, ha aggiornato la lista dei farmaci di fascia A, definiti, appunto salvavita. Le tabelle con il loro elenco vengono redatte in base a due criteri di classificazione: il primo riguarda le modalità di commercializzazione e il secondo il principio attivo.
La fonte normativa è nel comma 10 dell’articolo 8 della Legge 537 del 1993, che cosi dispone: “Il Servizio sanitario nazionale garantisce attraverso le farmacie la fornitura di medicinali di classe A, la cui erogazione non sia posta a carico delle strutture sanitarie regionali”. Tali strutture e le farmacie sono, quindi, obbligate per legge a garantire la salute delle collettività e, dunque, a provvedere a detenere nei loro scaffali detti prodotti salvavita. Si configura una responsabilità a loro carico ove la loro mancanza negli scaffali sia colpevolmente addebitabile al direttore della struttura sanitaria o al farmacista titolare per non avere effettuato con la dovuta urgenza la richiesta di spedizione degli stessi, causando il decesso del paziente che ne aveva urgente bisogno.
Ovviamente, una situazione del genere è più facile che si verifichi nei piccoli centri, dove operi una sola farmacia. Nei centri più grandi, ove ci sono più esercizi, una responsabilità sarebbe configurabile solo ed esclusivamente se tale carenza riguardi la farmacia di turno notturno e festivo. Per concludere, ove tali carenze dipendano dalla inerzia delle case farmaceutiche che non consegnano, nulla può essere addebitato al farmacista.