L’insonnia colpisce il 20% delle persone in modo episodico, mentre in forma cronica il 6-7% della popolazione. Si parla di insonnia cronica quando si ha una cattiva qualità del sonno notturno per almeno tre volte a settimana, e da almeno tre mesi. Negli altri casi l’insonnia viene definita come episodica. La causa principale dell’insonnia è l’iperveglia, ma esistono forme di insonnia dovute a malattie psichiatriche (ansia, depressione), a parasonnie, apnee notturne, malattie internistiche e farmaci o sostanze da abuso.
Nel corso dell’evento organizzato da Assosalute, Associazione nazionale farmaci di automedicazione, parte di Federchimica, intitolato: “Insonnia e stili di vita: quali impatti sulla salute?”, il professor Piero Barbanti, docente di Neurologia presso l’Università IRCCS San Raffaele di Roma, ha affrontato il tema dell’insonnia per fare chiarezza su cause, sintomi e strategie per migliorare il sonno, fornendo tanti preziosi consigli che anche il farmacista può condividere con i propri pazienti.
Disturbi del sonno e insonnia: facciamo chiarezza
“Disturbi del sonno e insonnia non sono necessariamente sinonimi” ha spiegato il professor Barbanti. “I disturbi del sonno sono, per esempio, le parasonnie che includono il sonniloquio (parlare nel corso del sonno), il sonnambulismo o il disturbo comportamentale del sonno REM, disturbo durante il quale il soggetto vive il proprio sogno come se fosse il protagonista, muovendo energicamente tutto il proprio corpo. L’insonnia, invece, vuol dire dormire male, non dormire poco. Il paziente insonne si sveglia con la sensazione di non aver riposato, indipendentemente dalle ore dormite. Questo disturbo può dunque interessare sia chi dorme poche ore, sia chi ha riposato a lungo. Dormire bene significa, invece, svegliarsi la mattina e sentirsi in forma. Si parla di insonnia cronica quando il soggetto ha una cattiva qualità del sonno notturno per almeno tre volte a settimana, e da almeno tre mesi. Negli altri casi l’insonnia viene definita come episodica. La causa principale dell’insonnia è in realtà l’iperveglia (si parla in questo caso di insonnia psicofisiologica). Esistono però forme di insonnia dovute a malattie psichiatriche (ansia, depressione), a parasonnie, apnee notturne, malattie internistiche e farmaci o sostanze da abuso”, puntualizza.
“Social jet lag” e “generazione zombie”
Tutti forziamo i nostri ritmi in rapporto alle esigenze ambientali, contrastando la nostra richiesta di riposo. “Il “social jet lag” è la distanza esistente tra il momento in cui fisiologicamente il corpo ci chiede di dormire e quello in cui decidiamo di andare a letto. Inoltre, si assiste a una progressiva riduzione delle ore destinate al sonno da parte della popolazione italiana. Spiega ancora Barbanti: “Le indagini epidemiologiche rivelano che una considerevole parte degli italiani adulti in età lavorativa dorme meno più di 7 ore. I ragazzi, paradossalmente, sono quelli che patiscono di più: per una serie di motivi, durante il periodo scolastico gli adolescenti raramente dormono 8 ore a fronte di una necessità fisiologica in quella età di 9 – 10 ore a notte.”
E, proprio i giovani sono più a rischio. Secondo il Professore, se si considera la qualità/durata del loro sonno, si può parlare di questa fascia di età come la “generazione zombie” per tre motivi: “il primo”, illustra Barbanti, “riguarda gli orari scolastici poco consoni ai ritmi fisiologici. La giornata scolastica inizia troppo presto e dura troppo, anche a causa di una inspiegabile “settimana corta” che concentra la frequentazione scolastica in 5 gg anziché in 6. Il secondo è rappresentato dal fatto che il ragazzo utilizza la sera e la notte per supplire all’assenza di socialità vera, ricorrendo peraltro ai mezzi di comunicazione digitale. Il terzo riguarda la ridotta attitudine dei genitori a suggerire (e, ove necessario, imporre) una idonea igiene del sonno, controllando che i figli vadano a letto in orario accettabile e senza dispositivi elettronici”. Andando a dormire tardi, questa generazione “dorme poco e male, si sveglia all’ultimo momento e di conseguenza nella stragrande maggioranza dei casi non assume una colazione adeguata”, commenta il Professore. “Questo rappresenta un doppio problema: i giovani vanno a scuola/all’università non avendo riposato ed essendosi nutriti poco o male”.
Le cause dell’insonnia: stili di vita e tecnologia
Le cause più comuni dell’insonnia sono legate ai problemi dello stile di vita, come un elevato livello di stress, ansia, depressione e anche l’uso improprio di sostanze stimolanti. “Le abitudini quotidiane hanno un ruolo centrale nello sviluppo e nella gestione dell’insonnia. Fattori come il consumo serale di caffè e alcolici, l’uso di dispositivi elettronici prima di dormire e uno stile di vita frenetico possono peggiorare la qualità del sonno”, allerta Barbanti.
Il problema, però, non è tanto l’uso di soggetti luminosi, quanto l’orario in cui li usiamo. “Quando fuori comincia a imbrunire, sarebbe opportuno gradualmente mettere via i cellulari e i dispositivi elettronici. Chattare e guardare il cellulare prima di addormentarsi assicurano l’insonnia. Basti pensare che uno smartphone ha una potenza luminosa di oltre 70 volte superiore a quello di una notte di luna piena”.
Anche per l’attività fisica esistono degli orari in cui è preferibile svolgerla. Questa, infatti, “migliora il sonno se il soggetto la pratica su base regolare nella prima parte della giornata. Se praticata nella seconda parte della giornata (dopo le 17), il cervello e il corpo rimangono svegli”, mette in guardia il professore.
I fattori ambientali
La qualità del sonno è fortemente condizionata anche da fattori ambientali come l’inquinamento luminoso e acustico (outdoor), particolarmente diffusi nelle grandi città. “Studi dimostrano che un’esposizione continua al rumore ambientale può mantenere il corpo in uno stato di allerta, ostacolando un sonno davvero ristoratore,” sottolinea Barbanti. “Durante il sonno, il cervello si libera di scorie tossiche, e un riposo insufficiente ostacola questo processo naturale, aumentando il rischio di patologie neurodegenerative come la demenza.”
“È stato dimostrato,” continua il Professore, “che l’inquinamento acustico è addirittura un fattore di rischio per ictus e infarti del miocardio, perché il soggetto non riesce a entrare in una condizione di riposo assoluto e si mantiene inconsapevolmente in una condizione di aumentata veglia (o ‘hyper arousal’)”. L’insonnia, quindi, può avere impatto sulla salute sia a breve che a lungo termine. Ma quando è che l’insonnia comincia a “farsi sentire” come un reale problema di salute? “Quando i sintomi della cattiva qualità del sonno non sono più occasionali, e il soggetto si sente stabilmente stanco e deconcentrato, senza riuscire a trovare una spiegazione” dice Barbanti, precisando che “I sintomi della carenza di sonno possono essere di tipo fisico, cognitivo e psicologico poiché le persone insonni tendono a essere ansiose e possono presentare flessioni del tono dell’umore”.
Consigli per una buona igiene del sonno
Il professor Barbanti suggerisce alcuni consigli per prepararsi a buona una notte di riposo grazie una corretta “igiene del sonno”, abitudini e stili di vita che favoriscono un riposo rigenerante e che il farmacista può consigliare ai propri pazienti.
Non pensarci: occorre scardinare il legame che si crea tra insonnia e ansia di non dormire. La preoccupazione di non dormire dell’insonne diventa un elemento di perpetuazione della stessa. In caso di difficoltà serie e continuative è sempre opportuno affidarsi a un terapista cognitivo-comportamentale.
Decelerare: bisogna rallentare i ritmi quotidiani prima di dormire. È opportuno non focalizzarsi sui pensieri e le preoccupazioni che durante il giorno sono mascherati dalle incombenze quotidiane.
Evitare l’uso di dispositivi luminosi: è opportuno preferire la lettura di un buon libro, che di certo concilia meglio il sonno, rispetto all’utilizzo di dispositivi elettronici come TV, tablet e smartphone.
Buona illuminazione e silenzio: usare la luce nei momenti in cui serve e prediligere una riduzione delle stimolazioni luminose quando si avvicina la sera. Preferire luci calde (sotto i 3.000 kelvin), ad esempio quella dell’abat-jour. Trascorrere del tempo in montagna o in campagna, dove la luce artificiale è ridotta e non vi sono rumori, può favorire un sonno più profondo e rigenerante.
Buona alimentazione: meglio consumare una cena leggera e non troppo tardi, evitando alcolici e sostanze stimolanti come la caffeina. L’assunzione di cibo abbondante e l’uso di alcolici inibiscono il naturale abbassamento di cortisolo, essenziale per un buon sonno.
Stanza a prova di sonno: l’ambiente in cui si riposa deve essere fresco (non dovrebbe superare i 20 gradi), per non ostacolare il fisiologico raffreddamento notturno di corpo e cervello.
Allentare le tensioni nervose: può essere utile al rilascio delle tensioni l’utilizzo dei precursori della serotonina, come il triptofano, o di alcuni ioni, come il magnesio, che riducono l’ipereccitabilità neuromuscolare, o anche di sostanze di derivazione vegetale come valeriana e passiflora. La melatonina, può essere utile nell’indurre l’addormentamento, e anche nel resettare il ritmo del sonno nel cosiddetto “disturbo da ritardato ciclo sonno-veglia”, anticipando la necessità di riposare. Si tratta di sostanze che non danno rischio di dipendenza, ma vige comunque la regola di utilizzarle fino a quando il soggetto non abbia appreso in maniera stabile un accettabile ritmo del sonno.