Stada Health Report: in Europa cala la fiducia nel Ssn

Come stanno i cittadini europei? A questa domanda cerca di rispondere, ormai da 10 anni, lo Stada Health Report, un’indagine rappresentativa che indaga il rapporto con la propria salute fisica e mentale, ma anche con i sistemi sanitari, la medicina tradizionale, la fiducia nel futuro. La decima edizione, presentata quest’anno a Roma, ha riguardato 23 Paesi, con 2.000 intervistati ciascuno: la più grande survey mai realizzata in ambito sanitario.

«Un’analisi non fine a se stessa» ha spiegato Salvatore Butti, general manager di EG Stada Italia «ma una fonte di informazioni e dati sui quali tutti gli stakeholder del mondo salute devono riflettere e provare a rispondere nell’interesse dei cittadini».

Il primo dato che emerge, lampante, è che la valutazione dei sistemi sanitari è in discesa per il quarto anno consecutivo: se nel 2020 il 74% degli intervistati si dichiarava soddisfatto, oggi siamo scesi al 56%. «Una tendenza allarmante» ha commentato Peter Goldschmidt, ceo di Stada «che noi, insieme ai responsabili politici, alle autorità regolatorie, ai medici e ai farmacisti, dobbiamo capire, affrontare e invertire. Allo stesso tempo, però, è incoraggiante vedere persone di ogni genere, background e fasce d’età che si adoperano per prendersi cura della loro salute, sia fisica, sia mentale». L’altro dato evidente, infatti, riguarda proprio la cura di sé: con il calo dei livelli di soddisfazione verso la sanità, sempre più persone (89%) prendono in mano la situazione, facendo almeno una cosa per migliorare il proprio benessere generale. In Finlandia (66%), Spagna (62%) e Italia (60%), i cittadini sono più attivi fisicamente rispetto alla media (50%). Inoltre, un terzo si sottopone a controlli sanitari preventivi (33%) o assume integratori alimentari (32%).

Sistemi sanitari da rivedere
Cosa non soddisfa dei sistemi sanitari nazionali? L’accesso alle visite mediche (il 54% fatica a ottenere un appuntamento), lo standard dei servizi sanitari (il 47% ha ricevuto cure inadeguate, o conosce qualcuno che non è stato curato adeguatamente) e una generale sfiducia nei confronti dei responsabili politici del settore (46%). Molto sentiti anche i temi della privatizzazione della sanità (30%), della mancanza di accesso alla prevenzione (28%) e della carenza di personale (28%). I cittadini ungheresi, che partecipano per la prima volta, sono i più insoddisfatti: il 72% ritiene insufficiente il proprio Servizio sanitario nazionale, seguito da Kazakistan (67%) e Serbia (65%). Rispetto al 2023, Regno Unito, Kazakistan e Germania hanno registrato i cali più significativi, rispettivamente con -11%, -10% e -8%. Per migliorare la situazione, il 48% ritiene che farebbe la differenza se i responsabili delle politiche sanitarie avessero un background correlato alla salute e il 47% pensa che un aumento dei salari per i professionisti sanitari possa motivare un maggior numero di persone a intraprendere una carriera nel settore, alleviando così parte della pressione attualmente avvertita nel sistema. Il 43%, infine, pensa che sarebbe utile se i farmaci venissero prodotti direttamente nel proprio Paese.

Fiducia in medici e farmacisti
Nella medicina, tuttavia, si continua a credere: il 69% afferma di fidarsi ampiamente o completamente della medicina tradizionale, con un aumento del 7% rispetto al 2022. La Finlandia (84%) e la Spagna (82%) sono i suoi sostenitori più fedeli e i cittadini maschi (73%) sono più propensi a fidarsi della medicina convenzionale rispetto alle donne (65%). Il principale fattore di fiducia in questo tipo di medicina? I consigli degli operatori sanitari, come medici e farmacisti, preziosi per il 48% degli europei. Alla domanda: “Quanto ritieni affidabili le raccomandazioni sui prodotti da banco da parte dei seguenti operatori sanitari?” il 63% ha indicato i medici e il 54% i farmacisti, mentre “dottor Google” e intelligenza artificiale hanno riscosso, rispettivamente, solo il 16% e il 12% delle preferenze. I consigli degli esperti sono particolarmente apprezzati in Belgio e Irlanda (entrambi 56%), Germania e Paesi Bassi (55%), Danimarca e Regno Unito (53%).

Salute mentale sempre sotto osservazione
Anche quest’anno una sezione del Report è dedicata alla salute mentale, un tema sempre molto complesso, che è necessario analizzare con attenzione andando oltre quel dato, confortante, che vede la maggioranza degli europei (67%) definirsi “abbastanza” o “molto felici” e con una valutazione sulla propria salute mentale ancora buona o molto buona (passata dal 67% al 65%). Cresce, infatti, il senso di solitudine, percepita dal 52% degli europei, specialmente i giovani. Sono proprio quelli nella fascia di età dai 18 ai 34 anni, i più connessi del campione intervistato, a sentirsi più soli.
Tra le cause, l’eccessivo tempo trascorso online, ma anche il lavoro, che non offre un adeguato equilibrio tra vita professionale e vita privata, a cui, giustamente, non si vuole rinunciare, neppure per la carriera. Il 31% degli europei considera anche il tempo trascorso con i propri cari un investimento per il proprio benessere generale.

Al centro dell’indagine -e non poteva che essere così, nel Continente più vecchio del mondo- anche la paura di invecchiare: il 43% si dichiara preoccupato degli effetti degli anni che passano. Tra le conseguenze più temute, il declino fisico (68%), le malattie tipiche della vecchiaia come Parkinson, Alzheimer e demenza senile (60%), la possibilità di diventare un peso per gli altri (59%) e le malattie croniche (55%).

In conclusione
La sempre interessante analisi offerta dallo Stada Health Report ritrae un’Europa tutto sommato felice, ma con la necessità rinnovarsi profondamente nei sistemi e nelle politiche sanitarie, così da guardare al futuro con maggiore serenità. Un’Europa consapevole della necessità di occuparsi attivamente della propria salute, adottando stili di vita adeguati e concedendo il giusto spazio al benessere psicofisico e al work-life balance. La fiducia nella scienza e nei professionisti sanitari rimane un faro contro disinformazione e fake news, e richiede sempre maggiore attenzione per favorire politiche volte a valorizzare le professioni sanitarie.

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