Vuca e Bani: brutte parole?

Dice il saggio: “fare previsioni è sempre difficile. Soprattutto per quel che riguarda il futuro”. Scherzi a parte, se guardiamo “dall’alto” l’evoluzione del mondo, diciamo dopo la Seconda guerra mondiale, notiamo come ci sia stato un progressivo sviluppo che permetteva, se non di prevedere il futuro in modo preciso, quanto meno di tratteggiarlo.

Lo scenario ha iniziato a modificarsi verso la fine degli anni Ottanta ed è stato proprio in quel periodo che, negli Stati Uniti, venne coniato il temine “Vuca”, acronimo di 4 parole con le quali si descriveva la nuova era: volatility, uncertainty, complexity e ambiguity. La fine della guerra fredda aveva infranto quella sorta di stabilità, creando un mondo in cui vigeva una maggiore incertezza e una indubbia complessità, dovuta anche alla volatilità dei sistemi che evolvevano in modo non più univoco.

L’acronimo Vuca è stato utilizzato per decenni anche dalle aziende, cercando di adattare la propria gestione ai mutati scenari.
L’arrivo, nel 2020, del Covid ha causato (oltre a tutto il resto) anche l’improvvisa obsolescenza del Vuca, sostituito da un altro acronimo: “Bani”, coniato dal futurologo americano Jamais Cascio. E con Bani intendiamo Brittle (fragile), Anxious, Nonlinear, Incomprehensible. È esattamente la descrizione del mondo in cui ci troviamo, evidentemente fragile e preda di cambiamenti improvvisi, siano essi climatici, politici, economici e, come abbiamo visto, anche riguardanti la salute e la vita.

E quindi? Come dobbiamo comportarci per reagire a questa situazione? Qual è l’atteggiamento mentale che ci può permettere di vivere (e non solo sopravvivere) in un contesto, per l’appunto, fragile, incomprensibile e generatore di ansia? La farmacia, in occasione del Covid, ha dimostrato di essere in grado di reagire in tempi piuttosto rapidi a un cambiamento improvviso che ha rivelato quanto le nostre vite (e anche il nostro sistema sanitario) siano fragili ed è stata in grado di rispondere allo stato di ansia generalizzato che si era diffuso nella popolazione.

Questo, tuttavia, non basta e il semplice ricordarlo non contribuisce all’ulteriore sviluppo del sistema; per contro, forte della capacità di reazione dimostrata, la farmacia potrebbe trarne vantaggio, dimostrando di essere “anti-fragile”, termine utilizzato da Taleb per descrivere un’evoluzione del concetto di resilienza. In pratica se l’essere resilienti permette di resistere e mantenere o ritornare ad avere la stessa posizione (per esempio una pallina di gomma che dopo essere stata compressa riacquista la sua forma), essere anti-fragile significa che dopo lo shock se ne esce arricchiti. Quindi, migliori della situazione precedente.

Quali sono dunque le parole chiave da tener presente per affrontare il momento attuale? Agilità e flessibilità, quindi la capacità di reagire velocemente e di adattarsi a nuovi scenari, sperimentando nuove soluzioni, con la consapevolezza che non tutto potrà portare a un successo, ma avendo la consapevolezza di saper anche gestire una “sconfitta”. Collaborazione: non è più il momento del one-man-band; bisogna imparare a lavorare in team, a confrontarsi con altri attori del settore e a fare il cosiddetto networking. E ancora, Creatività, come base di qualsiasi processo innovativo: e qui vale il sapiente mix dell’esperienza dei “senior” con l’entusiasmo e la propositività dei più giovani. Poi non deve mai mancare la Formazione, per stare al passo con la rapida evoluzione del mondo, e nemmeno l’Empatia, che diventa fondamentale quando il/la farmacista deve comprendere il proprio cliente e ridurne l’ansia.

Infine, mi sentirei di dire che alla base di tutto ci dev’essere una chiara definizione della propria mission, il Why. Perché facciamo ciò che facciamo? Da qui e dai nostri valori parte tutto.

(Farma Mese n. 10-2024 ©riproduzione riservata)

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